Il secchiello da aspersione di Leone X: una proposta di lettura
elisa.zucchini@unifi.it
DOI: 10.7431/RIV25012022
Fra le ultime aggiunte al catalogo di Valerio Belli si annovera un secchiello per l’acqua santa in cristallo di rocca intagliato con montature in oro e smalti, acquisito dal Museo degli Argenti nel 2002 (Figg. 1 – 2). In assenza di documenti, l’attribuzione a Belli, avanzata da Mario Scalini, si basa sul raffronto col bacile in cristallo di rocca, argento dorato e smalti della Schatzkammer di Monaco di Baviera, recante un’iscrizione riferita a Leone X e l’arme del pontefice, simile a quella del secchiello; a questa si uniscono le analogie col fornimento d’ altare del Victoria & Albert Museum di Londra, attribuito senza documenti al Vicentino. L’opera risulta dunque una delle rare oreficerie sopravvissute fra le innumerevoli commissioni orafe di Leone X 1.
Il monolito di quarzo ialino, attualmente fratturato, che forma il recipiente reca intagli raffiguranti animali marini. A lato dello stemma di Leone X si vede un gambero o cancro (Fig. 3), nel sottocoppa un mammifero marino identificato come un delfino (Fig. 4) 2, in realtà più simile al ketos o alla pistrix della mitologia greca e romana secondo la descrizione delle Immagini di Filostrato il Giovane (occhi sporgenti e roteanti, muso allungato con tre filari di denti lunghi od uncinati, fronte coperta di aculei, testa enorme, corpo attorto, coda brillante e colorata) 3, oltre ad un pesce volante dalla coda biforcuta (Fig. 5). L’intaglio potrebbe basarsi su una fonte iconografica antica, giacché ricorda una moneta argentea greca di Agrigento che reca nel recto un’aquila su una lepre, nel verso un granchio e una pistrix con un pesce in bocca (British Museum) (Fig. 6) 4. I cerchi e il piede d’oro sono ornati da smalti traslucidi, rispettivamente a foglie verdi disposte singolarmente lungo una linea nera e a racemi di foglie verdi e fiori rossi a cinque o sei petali, questi ultimi forse allusivi alle palle dello stemma Medici, analogamente alle infiorescenze punzonate della lastrina del cammeo con l’Ingresso nell’Arca ricordato negli inventari di Piero e Lorenzo de’Medici (British Museum) (Fig. 7) 5, simili anche nel fogliame ai decori del secchiello. I due medaglioni nella parte centrale raffigurano al fronte lo stemma di Leone X (uno scudo con l’arme Medici sormontata dal triregno con le chiavi decussate), a tergo il trigramma di Cristo insieme a tre chiodi e una croce lobata allusivi alla Passione, contornati da una corona d’alloro, simbolo di immortalità ed emblema del padre del pontefice, Lorenzo il Magnifico 6. Sull’orlo del vaso due sporgenze semicircolari con volute laterali ospitano i perni del manico con teste di leone, segno evidente di un’esecuzione dell’elemento per Leone X; nella parte mediana il manico reca un nodo in cristallo di rocca, lavorato con modanature che si ripetono nelle parti metalliche laterali dell’impugnatura 7. I cerchi si differenziano, nella tecnica a smalto traslucido e nella gamma cromatica degli smalti, nonché nel tono opaco dell’oro, dallo smalto ronde bosse e dall’oro brillante dei medaglioni, di conseguenza è possibile che i primi siano cronologicamente anteriori. Il confronto fra i motivi decorativi fitomorfi dell’opera in esame e quelli del piatto di Leone X e della croce e dei due candelieri del Victoria and Albert Museum di Londra, ugualmente attribuiti a Belli, può aiutare a verificarne la datazione e l’autografia, pur nella mancanza di documentazione certa su tutti questi oggetti. Il raffronto col piatto di Leone X evidenzia da un lato la semplificazione dei racemi del secchiello, forse dovuta alla ridotta superficie della legatura, una gamma cromatica ridotta a verde e rosso, senza l’azzurro e il blu degli smalti del piatto, dall’altro una maggiore naturalezza e levità del disegno; in confronto a quelli del secchiello, gli smalti del fornimento d’altare risultano più articolati graficamente e con una gamma cromatica più opaca, comprendente sempre il blu. L’ornato del piede del secchiello sembra alludere ad elementi decorativi romani, per esempio quelli della trabeazione del Tempio di Venere Genitrice a Roma, ma sempre in una maniera più sintetica e rigida che nel piatto e nel fornimento d’altare, dove l’esuberanza di fiori e foglie regolata in motivi ripetuti e ben delineati ricorda l’arte della prima età imperiale. Per giunta gli intagli, di soggetto zoomorfo altrimenti non testimoniato nel repertorio di Valerio Belli, risultano più marcati, duri e bidimensionali di quelli della croce di Londra raffiguranti gli Evangelisti e le scene della Passione, i quali mostrano un ductus quasi pittorico ed un’evidente ispirazione non solo a Mantegna e Bellini, ma anche alle opere di Raffaello al tempo di Leone X 8 – ispirazione assente nel secchiello, come si nota paragonando sia gli animali degli intagli sia i vegetali degli smalti agli affreschi delle Logge Vaticane o della Loggia di Psiche alla Farnesina. Ugualmente aliena dalla tendenza all’ampio respiro e all’equilibrio compositivi di Belli 9 è la composizione disarmonica e costruita per aggiunte dell’opera nel suo complesso.
I caratteri stilistici dunque evidenziano una stilizzazione difficile da accostare al Vicentino e al tempo del primo papa Medici, cosa che sembra contrastare con l’attribuzione corrente. Il decoro floreale simile a quello dei codici miniati 10, delicato e lineare, degli smalti della montatura è accostabile a quelli caratteristici dell’oreficeria fiorentina fra l’ultimo decennio del Quattrocento e i primi vent’anni del Cinquecento, a loro volta influenzati dall’oreficeria veneziana e lombarda, diffusa dalle maestranze dell’Italia settentrionale che potrebbero aver lavorato alle montature dei vasi medicei 11. Ciò induce a riportare almeno la montatura del secchiello a prima del 1513, al tempo del cardinalato del Medici, quando in lui si manifestava ancora l’influenza del mecenatismo familiare 12; una volta salito al soglio pontificio, egli avrebbe fatto addizionare i medaglioni e forse modificare il manico. Il confronto con alcuni smalti fiorentini sembra puntare verso un’esecuzione da parte di maestri concittadini del Medici, indicativamente fra il 1492, anno della nomina ufficiale di Giovanni de’Medici al cardinalato 13, e il primo decennio del XVI secolo, quando il cardinale, dopo un esilio di sei anni a causa della cacciata della famiglia da Firenze, si stabilì in Palazzo S. Eustachio (odierno Palazzo Madama) a Roma. Sembra provarlo la somiglianza dei nodi del manico, soprattutto delle cupolette a fogliami di raccordo fra i nodi centrali e gli elementi ricurvi laterali, col Portafuoco del Sabato Santo (post 1478, Firenze, SS. Apostoli) 14. Un disegno simile a quello del piede del secchiello si trova negli smalti decorativi del Reliquiario di S. Giovanni Gualberto nell’Abbazia di Vallombrosa e del Reliquiario del Libretto (Fig. 8) nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, opere di Paolo di Giovanni Sogliani datate al 1500 15, mentre un’affinità coi decori dei cerchi si riscontra nei bassorilievi fitomorfi del Reliquiario di S. Girolamo di Antonio di Salvi (1487, Firenze, Museo del Duomo) 16 e del Reliquiario di Santa Verdiana di Sogliani (1506, Castelfiorentino, Museo di S. Verdiana).
Per quanto riguarda gli intagli, sembra probabile l’attribuzione a mano milanese, per via del soggetto zoomorfo bizzarro e mostruoso tipico delle botteghe di quella città, derivazione dai disegni di Leonardo 17; per di più la testa sferica con muso decisamente ricurvo e le pinne sfilacciate della pistrix ricordano i caratteri dei delfini nel sostegno del Calvario di Mattia Corvino (Esztergom, Cattedrale), assegnato a mano lombarda da gran parte degli studiosi 18. Proprio la raffigurazione della pistrix greco-romana fa pensare ad un’esecuzione a Roma da parte di uno dei numerosi intagliatori lombardi attivi per la corte papale 19, in quanto tale attenzione filologica era rara in Lombardia 20. Sempre di un lombardo potrebbero essere i medaglioni in smalto a ronde bosse, tecnica che Caradosso, residente a Roma dal 1506-7 alla morte nel 1527 e gioielliere papale dal 1509, contribuì a recuperare nella Milano di Ludovico il Moro 21.
La scelta di un materiale prezioso come il cristallo di rocca montato in oro e smalti si giustifica con un rimando al simbolismo cristiano. Secondo il Mundus Symbolicus di Filippo Picinelli, un’enciclopedia di emblemi umanistici, il cristallo di rocca simboleggia la purezza atta a ricevere l’illuminazione divina, analogamente l’oro è simbolo di purezza e Grazia divina. Per Rabano Mauro, che segue Plinio il Vecchio nel ritenere il cristallo di rocca nato dall’acqua ghiacciata per anni, esso si lega all’acqua lustrale del battesimo, alle nature angeliche e all’ Incarnazione di Cristo 22. Anche gli animali acquatici intagliati, allusivi alla presunta origine del cristallo di rocca nonché all’uso del recipiente per contenere l’acqua santa, assommano in sé significati cristiani, poiché stando a Picinelli il cancro è simbolo di resurrezione, similmente alla balena che inghiottì Giona e lo rigettò dopo tre giorni (associata al ketos greco-romano da Rabano Mauro), infine il pesce è notoriamente figura di Cristo 23. Eppure, la posizione degli animali sul secchiello non pare plausibile: il crostaceo è in posizione ascendente accanto allo stemma papale, il pesce volante punta verso l’alto ma in direzione opposta, la pistrix si trova invece in posa orizzontale. A motivo delle credenze rinascimentali, derivate da testi antichi e lapidari medievali, sui poteri magici conferiti dagli astri alle gemme, soprattutto se incise coi simboli delle costellazioni in congiunzioni favorevoli 24, si può supporre che tale collocazione corrisponda a quella delle costellazioni del Cancro, della Balena e del Pesce Noto nelle mappe celesti dell’epoca, fra cui quella di Albrecht Dürer del 1515, incisa in base alle misurazioni dell’astronomo Conrad Heinfogel per Johann Stabius 25. L’ascesa del Cancro in direzione dello stemma papale potrebbe rimandare anche alla festa del santo patrono di Firenze, San Giovanni Battista, che cade il 24 giugno sotto il segno del Cancro – non a caso, nelle ruote dello zodiaco che ornano i pavimenti del Battistero di San Giovanni e della basilica di S. Miniato al Monte a Firenze, il segno del Cancro è direttamente illuminato dalla luce solare il giorno del solstizio d’estate (21 giugno), ad anticipare la festa patronale – di conseguenza, la vicinanza del segno all’emblema potrebbe esprimere l’identificazione del papa col Battista 26. Ciò suggerisce che gli intagli zoomorfi del vaso possano collegarsi agli interessi astrologici di Leone X, esito della cultura familiare originatasi con Cosimo il Vecchio. Indicativa a tal proposito sembra l’analogia con l’eliotropio intagliato coi segni dell’Ariete, del Sagittario e del Leone conservato al Museo del Tesoro dei Granduchi a Firenze 27. Il papa credeva nella divinazione e nella propria designazione provvidenziale al soglio pontificio, siccome in base al suo oroscopo – Sagittario ascendente Gemelli, Sole e Venere nella prima casa, Bilancia allo zenit, Giove in Ariete – Marsilio Ficino gli predisse il papato. Negli arazzi vaticani da lui commissionati ricorre il simbolo del Sole, pianeta del segno del Leone omonimo del papa; la successiva Sala dei Pontefici affrescata dagli allievi di Raffaello reca nel soffitto l’oroscopo di Leone X, prova della sua predestinazione al papato e del suo carattere di pontefice solare fautore di una nuova Età dell’Oro 28. Pertanto è possibile che il Medici abbia seguito per tutta la vita le dottrine di Ficino, le quali postulavano una continuità fra le dottrine cristiane, le filosofie di Ermete Trismegisto, Zoroastro, Pitagora, Platone, Plotino nonché la magia naturale fondata sulla corrispondenza fra astri, erbe, minerali ed animali. Corrobora questa ipotesi un altro testo che il papa poteva conoscere, il Sideralis abyssus di Tommaso Radini Tedeschi, domenicano docente di teologia allo Studium Urbis dal 1514: un’esposizione delle virtù cristiane associate alle costellazioni al fine di comprendere le origini della religione tramite la conoscenza delle stelle, conciliando teologia tomistica ed astrologia neoplatonica 29.
Nel De vita coelitus comparanda Ficino denomina tre pianeti “Grazie” per la loro benignità: il Sole, Giove, Venere. Il Sole esercita il proprio influsso su chi pratica l’eloquenza, il canto, l’attività pubblica, Venere sulla musica e sulle cose leggiadre, Giove su chi pratica la religione civile ed il governo – tutti interessi di Leone X – inoltre il Sole e Giove si caratterizzano per un benefico influsso universale. Per attirare la virtù del Sole, a detta di Ficino immagine di Dio che presiede alla conoscenza, occorre ricercare elementi solari, ovvero l’oro e i colori luminosi, il leone, l’eliotropio, e ovviamente la luce solare, mentre per attirare i benefici di Giove si usano l’argento, il cristallo, i colori verdi ed aerei 30. Si può supporre che il papa abbia commissionato il vaso di cristallo di rocca in oro con smalti verdi e rossi per attirare gli influssi del Sole e di Giove e al momento della propria elezione abbia cristianizzato l’oggetto col proprio stemma e col trigramma di Cristo, pur mantenendo un elemento solare oltre che araldico nella corona d’alloro dei medaglioni, in ricordo delle teorie di Ficino che associano la bellezza e la luminosità delle cose terrene, nella fattispecie dell’oro e del quarzo ialino, al riflesso dello splendore di Dio 31. Per di più, sulla scorta del Sideralis abyssus di Radini Tedeschi si possono ipotizzare le virtù che il Medici desiderava attrarre con l’incisione del cristallo: nel testo il Cancro rappresenta la pietà, la Balena la magnanimità, il Pesce Noto l’unione di vita attiva e contemplativa. Secondo Picinelli quest’ultimo concetto è rappresentato dal pesce rondine, il che spiega le “ali” e la coda biforcuta del pesciolino 32.
Concludendo, il secchiello per aspersione di Leone X, a mio parere, non risulta compatibile con le opere ritenute di Valerio Belli per Leone X, né nel trattamento degli smalti né in quello del cristallo di rocca, intagliato in uno stile insolito per Belli; sembra più plausibile ascrivere la montatura ad un fiorentino e l’intaglio ad un milanese, entrambi attivi a Roma o per Roma fra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento. Il significato astrologico e religioso insieme degli ornamenti e l’ispirazione all’antico dei particolari corrispondono alle inclinazioni del cardinale Giovanni de’ Medici, che sicuramente seguì da vicino l’esecuzione di questo manufatto personale e lo aggiornò per continuare a servirsene da pontefice. Da ultimo, il rimando astrale degli intagli porta a congetturare che originariamente il secchiello fosse destinato ad un uso profano e sia stato poi riutilizzato a scopo liturgico, ma il significato anche religioso delle figurazioni non consente di affermarlo con certezza, tenendo conto della contiguità fra pensiero ermetico e cristianesimo nella cultura medicea.
- Opere in luce. Restauri e donazioni, a cura di Marilena Mosco e Ornella Casazza, Livorno 2002, p. 46; Raffaello 1520-1483, catalogo della mostra (Roma, Scuderie del Quirinale, 5 marzo – 2 giugno 2020), Milano 2020, p. 267 n° V. 48; Nello splendore mediceo. Papa Leone X e Firenze, catalogo della mostra (Firenze, Museo delle Cappelle Medicee e Casa Buonarroti, 26 marzo – 6 ottobre 2013), Livorno 2013, p. 548 n° 98; Ludwig von Pastor, Storia dei papi nel periodo del Rinascimento e dello scisma luterano dall’elezione di Leone 10. alla morte di Clemente 7. (1513-1534), 4.1: Leone X, Roma 1908, p. 510. Per una panoramica del mecenatismo orafo di Leone X vedi A. Gauvain, Orefici a Roma al tempo di Leone X, in Leone X – Finanza, mecenatismo, cultura, atti del Convegno Internazionale (Roma, 2-4 novembre 2015), Roma 2016, pp. 691-708.[↩]
- Raffaello 1520…, 2020.[↩]
- Stefano Riccioni, Dal ketos al senmurv? Mutazioni iconografiche e transizioni simboliche del ketos dall’antichità al Medioevo (secolo XIII), “Hortus artium medievalium” vol. 22, 2016, pp. 130-44: 131, 133; Filostrato il Giovane, Imagines, 12, Esione (edizione consultata: Loeb Classical Library, Philostratus the Elder Imagines, Philostratus the Younger Imagines, Callistratus Descriptions, Londra – New York 1931, pp. 346-49). Si veda a titolo esemplificativo la pistrix sotto l’allegoria del Mare nel rilievo della Saturnia Tellus dell’Ara Pacis.[↩]
- Catalogue of the Greek coins in the British Museum – Sicily, Londra 1876, p. 12 n° 63; https://www.britishmuseum.org/collection/object/C_RPK-p223F-5-Agr.[↩]
- Pregio e bellezza – cammei e intagli dei Medici, catalogo della mostra (Firenze, Museo degli Argenti, 25 marzo – 27 giugno 2010), a cura di Riccardo Gennaioli, Livorno 2010, pp. 36-38, 90 n° 8; https://www.britishmuseum.org/collection/object/H_1890-0901-15.[↩]
- Raffaello 1520…, 2020; Pregio e bellezza…, 2010, p. 37.[↩]
- Raffaello 1520…, 2020; Nello splendore mediceo…, 2013; Il tesoro dei Medici al Museo degli Argenti, a cura di Paola Venturelli e Ornella Casazza, Firenze 2009, p. 247 n° 123.[↩]
- D. Gasparotto, «Ha fatto con l’occhio e con la mano miracoli stupendissimi»: il percorso di Valerio Belli, in Valerio Belli vicentino 1468 c. – 1546, a cura di Howard Burns, Marco Collareta, Davide Gasparotto, Vicenza 2000, pp. 53-110: 75-79, 85.[↩]
- H. Burns, Valerio Belli Vicentino, scultore della luce, in Valerio Belli Vicentino…, 2000, pp. 17-52: 28, 30.[↩]
- Si vedano i codici eseguiti a Firenze nell’ultimo quarto del Quattrocento ora alla Biblioteca Vaticana, quali i Carmina di Prudenzio (Urb. lat. 666), la Bibbia Urbinate (Urb. lat. 1, 2), il Breviario di Mattia Corvino (Urb. lat. 350), in Quinto centenario della Biblioteca Vaticana 1475-1975, Città del Vaticano 1975, pp. 72-74.[↩]
- Il tesoro dei Medici 2009, pp. 182-83; Argenti fiorentini dal XV al XIX secolo: tipologie e marchi, a cura di Dora Liscia Bemporad, Firenze 1992, vol. I, p. 47.[↩]
- Nello splendore mediceo…, 2013, p. 105.[↩]
- V. Arrighi, Vita di Giovanni de’ Medici, un papa del Rinascimento, in Nello splendore mediceo 2013, p. 49.[↩]
- Argenti fiorentini…, 1992, p. 47.[↩]
- Argenti fiorentini…, 1992, pp. 36-37.[↩]
- Argenti fiorentini…, 1992, p. 34.[↩]
- P. Venturelli, Leonardo da Vinci e le arti preziose, Venezia 2002, pp. 97, 152-53.[↩]
- Oro dai Visconti agli Sforza…, 2011, pp. 41-43.[↩]
- A. Gauvain, Orefici a Roma…, 2016; E. Müntz, L’orfèvrerie romaine de la Renaissance, in “Gazette des Beaux-Arts”, XXV, 27 (1883), pp. 420-21; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma, Milano 1881, vol. I, pp. 34, 238-41.[↩]
- Lombardia rinascimentale. Arte e architettura, Brescia 2003, p. 90.[↩]
- Lombardia rinascimentale…, 2003, p. 221; C.M. Brown – S. Hickson, Caradosso Foppa (ca 1452 – 1526/27), in “Arte Lombarda” n° 119 (1), 1997, pp. 10-12, 24-28, 31.[↩]
- Filippo Picinelli, Mundus symbolicus, Colonia 1687, XII, XIV, voce “Crystallus”, XIII, III, voce “Aurum”; Rabano Mauro, De universo, XVII, 9; Gaio Plinio Secondo, Storia naturale – Gemme e pietre preziose, Livorno 2000, pp. 25-29; L’oreficeria nella Firenze del Quattrocento, Firenze 1977, pp. 324, 350-53.[↩]
- Picinelli 1687, voce “Cancer” (VI, XIII); M. Levi d’Ancona, Lo zoo del Rinascimento, Roma 2001, voci “Balena”, “Pesce”; S. Riccioni, Dal ketos…, 2016, pp. 131-37.[↩]
- P. Castelli, La virtù delle gemme. Il loro significato simbolico e astrologico nella cultura umanistica e nelle credenze popolari del Quattrocento. Il recupero delle gemme antiche, in L’oreficeria nella Firenze del Quattrocento, Firenze 1977, pp. 307-64: 307-12, 314-16, 319-20, 351-55.[↩]
- Una copia si conserva al British Museum (https://www.britishmuseum.org/collection/object/P_1895-0122-734 https://www.britishmuseum.org/collection/object/P_1895-0122-735).[↩]
- N.H. Minnich, Raphael’s portrait “Leo X with Cardinals Giulio de’ Medici and Luigi de’ Rossi”: a religious interpretation, in “Renaissance Quarterly”, vol. 56 n° 4 (winter 2003), 2003, pp- 1005-1052: 1030-31; S. Bartolini, Sole e simboli – gli zodiaci della basilica di San Miniato al Monte e del Battistero di San Giovanni a Firenze, Firenze 2013, pp. 16-18, 42-44, 94-98.[↩]
- Firenze e la Toscana dei Medici nell’Europa del Cinquecento, vol. 1: Astrologia, magia, alchimia, Firenze 1980, pp. 314-22, 357 n° 2.38.[↩]
- J. Cox – Rearick, Destiny and dynasty in Medici art: Pontormo, Leo X and the two Cosmos, Princeton 1984, pp. 178-98.[↩]
- Firenze e la Toscana dei Medici 1980, pp. 317, 372 n° 3. 3. 9; Dagmar von Wille, voce “Radini Tedeschi, Tommaso”, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 86, 2016 (consultazione online https://www.treccani.it/enciclopedia/tommaso-radini-tedeschi_%28Dizionario-Biografico%29/).[↩]
- Marsilio Ficino, De vita libri tres, III (De vita coelitus comparanda), 1-4, 11, 16, 17, 18; El libro dell’amore, V, 13.[↩]
- A. Chastel, Arte e umanesimo a Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico, Torino 1964, pp. 462-63, 573; Marsilio Ficino, El libro dell’amore, V, 4.[↩]
- Tommaso Radini Tedeschi, Sideralis abyssus, 1514, “Pietas per Cancrum”, “Magnanimitas per Cetum”, “Divi Thomae munera et mors”; Picinelli 1687, VI, XXV, voce “Hirundo”. Cfr. William Roscoe, Vita e pontificato di Leone X, traduzione e annotazioni di Luigi Bossi, Milano 1816, vol. IV, p. 15.[↩]