L’inventario testamentario del 1761 di Tommaso Trabucco della comunità napoletana a Palermo
luisa.chifari@regione.sicilia.it
DOI: 10.7431/RIV28092023
Lungo il corso dei secoli e specialmente sotto la monarchia spagnola, in Sicilia, luogo ricco per la produzione di varie materie prime, molti imprenditori, facoltosi commercianti e mercanti, benestanti e nobili finanzieri, molto spesso appartenenti anche alla massoneria, membri di comunità come quelle dei Pisani, dei Genovesi, dei Fiorentini, si recavano nell’Isola per investire in imprese commerciali. Con i notevoli proventi del commercio di tessuti, sete e soprattutto del grano, divennero finanziatori del re di Spagna ed il traffico mercantile di questi beni diede una garanzia dei prestiti concessi al re che conferiva loro, in cambio, titoli nobiliari, feudi e contee. La comunità dei Napoletani presente a Palermo, pur non appartenendo alla classe dei nobili, svolse una intensa e proficua attività nel commercio. Si trattava, cioè, di una borghesia che non si contrappose al sistema feudale, che traeva convenienza dai rapporti tra Napoli e Palermo. Tale collettività occupava alte cariche, sia nell’amministrazione cittadina che nelle istituzioni ecclesiastiche, e poteva vantare qualche privilegio, d’altra parte come le Confraternite e le altre Nazioni estere.
Il peso politico dei tanti commercianti napoletani stanziati a Palermo dipendeva dalla fortuna che riuscirono a costruire sulla base non solo di un rapporto politico che spesso li portò ad acquistare un feudo e a realizzare eleganti dimore, ma sulla base di uno status che via via assunsero attraverso redditi e benefici. Per dirla con Rossella Cancila, «I mercanti stranieri erano infatti coinvolti in una vasta gamma di operazioni in un rapporto diretto con la corona, che si avvalse della loro capacità finanziaria per sostenere di volta in volta la propria politica militare, e ne avvantaggiò per questo la penetrazione nel Regno concedendo loro numerosi privilegi.» 1.
Emerse, dunque, un ceto sempre più consistente di banchieri e di imprenditori che, provenendo dalle città del nord Italia, si stanziavano in quartieri di appartenenza della loro specifica comunità, la quale si organizzava con servizi di propria pertinenza, come ad esempio le chiese: dei Genovesi (San Giorgio dei Genovesi), dei Pisani (SS. Quaranta Martiri alla Guilla) o dei Napoletani (San Giovanni Battista della Nazione Napoletana). Si riunivano anche in congregazioni, che godevano di privilegi. Maria Concetta Di Natale a proposito delle confraternite di stranieri scrive: «Più o meno ricchi, più o meno nobili, gli aderenti ad una confraternita si adoperano per l’abbellimento della loro sede […] Tramite […] lasciti e donazioni, contributi di ogni tipo, laddove è possibile, riescono ad avere nel migliore dei casi una sede autonoma per le loro riunioni […]» 2.
Lo Spatrisano sottolinea: «ogni comunità di stranieri ebbe in Palermo, fin dal tempo dei Normanni, particolari privilegi e statuti propri, logge per la trattazione degli affari, quartieri residenziali e chiese proprie» 3.
I rapporti politici ed economici tra la Nazione Napoletana trapiantata a Palermo e la stessa città sono dimostrati dai finanziamenti che venivano offerti per affrontare particolari esigenze come ad esempio quelle della chiesa della confraternita dei napoletani, da restituire con interessi spesso pagati dalla comunità stessa che si tassava. Un inedito documento rivela, infatti, un «Donativo straordinario di scudi 400 offerto nel Parlamento generale dè 6 luglio 1786 […] al Superiore della Chiesa di San Giovanni […] da doversi correspondere da diversi ceti di persone e tra essi monasteri, conventi, […] e Manimorte le più benestanti di Palermo e del Regno» 4.
La Confraternita di San Giovanni, costituita dai Napoletani nell’omonima chiesa in Palermo, sin da quando nacque eleggeva i suoi Rettori e tra questi Tommaso Trabucco. Facoltoso commerciante, patrizio, campano, del XVIII secolo, trasferitosi in Sicilia, come riferisce Giulia Sommariva, fu colui che contribuì fattivamente con le sue generose offerte proprio alla realizzazione della decorazione interna di questa chiesa dei Napoletani, in stucco, commissionata a Procopio Serpotta, realizzata tra il 1744 ed il 1745: «[…]generosamente aveva dotato la chiesa. Grazie a questi proventi, San Giovanni dei Napoletani potè permettersi una ricca decorazione in stucco […]» 5.
Il Di Marzo riporta che in San Giovanni il Trabucco ebbe sepoltura: «A 26 novembre 1761. Morte di Tommaso Trabucco, mercadante napoletano, nell’età sua di anni 71. Giace sepolto a S. Giovanni» 6.
Il Trabucco, originario di Cava dei Tirreni 7, nato nel 1691 8, occupò posizioni politiche di rilievo; Tommaso fu affiliato alla Libera Muratoria Napoletana 9, come peraltro molti politici e nobili del tempo. Nel suo monumento funebre in marmo in San Giovanni dei Napoletani, collocato a parete entrando a destra, realizzato dal marmoraro Emanuele Di Gabriele, sono celati i vari simboli della segreta organizzazione come le ali, la conchiglia, il fuoco, il libro sacro; sulla lapide sulla sua tomba a terra, nella navata destra, è raffigurato un maestro che tiene in mano una clessidra sovrapposta ad un paio di ali, tutti chiari simboli massonici.
Sul monumento funebre del Trabucco (Fig. 1) si legge l’iscrizione: D.O.M. D. Thomas Trabucco, civ(is) Cavae, regni Neap(olis) patritius, huius aeccl(esiae) S. Joannis, ac Gynecaei Imm. Deiparae multoties rector, virtute magis quam genere clarus, aetatis 71. obiit die XXVI nov(embris) an(no) MDCCLXI. Emm. Di Gabriele, mentre sulla lapide (Fig. 2): D. Thomas Trabucco, de quo in laterali pariete iconem observa, epigraphem lege, obiit die XXVI novembris, anno ab eius nativitate LXXI, ab humanitate reparata MDCCLXI».
La lapide fu voluta dallo stesso Trabucco come si evince dal documento aperto il 30 novembre 1761 riguardante il suo testamento stilato in data 4 gennaio 1760: «il testatore raccomandando al sommo ed immortale Iddio, ed alla di Lui Santissima Madre Maria Concetta senza macchia di peccato originale, in più dal suo primo istante al suo Angelo custode, ai Santi Arcangeli Michaele, Raffaele e Gabriele, ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, ed a tutti i Santi della celeste corte, vuole che il suo cadavere, separata sarà l’anima sua si dovesse esponere in casa di sua propria abitazione, o nella ven.le Chiesa di S. Giam Battista La nazione Napolitana nel piano della Marina di questa città ad elettione delli suoi figli, e in detta ven.le Chiesa seppellirsi […] in uno luogo di essa Chiesa […] ben visto con apponermi la lapide memoria di sopra con il nome e cognome e Patria ivi descritti […]» 10.
Il senso di appartenenza all’entourage ristretto dei Napoletani impiantati a Palermo per espletare incarichi religiosi ed attività economico-amministrative, costituisce un aspetto basilare della loro presenza in Sicilia e si intuisce dalla immancabile precisazione del Trabucco nel suo testamento in cui vuole che dalla sua morte in poi si celebrino due messe quotidiane con l’elemosina di onze venti annuali per ognuna delle suddette messe e che queste vengano celebrate sempre dai suoi consanguinei più stretti (o uno dei figli che fu sacerdote o la sua comunità di provenienza), e solo in mancanza di essi, Sacerdoti Nazionali abitanti qui a Palermo, designandoli anche allo scopo di mantenere l’importo elargito per le messe all’interno della stessa comunità: «ed habbia a restare in potere di detti» 11.
Il Villabianca riferisce del figlio di don Tommaso Trabucco, Salvatore Trabucco, il quale acquisì la signoria sul feudo della Torretta di Marineo nel 1773: «Il Feudo della Torretta di Marineo, ch’è quello a cui venne una volta appoggiato il trattamento del presente titolo di Marchese in Regno, […], si è veduto passare a tempi nostri in potere di novella Famiglia, e in quella di Salvadore Trabucco, mercè la vendizione che gliene fecero i Marchesi di Marineo Pilo in Notar Salvadore Mariano Palumbo di Palermo a 27. febbraio 1773, quanto che detto di Trabucco ora per la detta compra pregiasi di essere Barone e Signore di questo Feudo e Marchesato della Torretta, investitosene in Palermo a 23 giugno 1773…» 12.
Tommaso Trabucco ebbe sette figli, elencati sempre nel documento testamentario già citato: «D(on)na Serafina e D(on)na Rosa Trabucco sue figlie vergini», […] «suo figlio Don Salvatore, Reverendo Sac(erdo)te D.n Giuseppe altro suo figlio, D.n Gio: Battista altro suo figlio, D.n Benedetto, D.n Francesco, suoi figli».
Il Di Marzo riferisce che «il 24 aprile 1763, domenica. Emmanuele Perollo ed Alliata, secretario del S. Officio ed exsenatore di Palermo, prese in moglie Serafina Trabucco, figlia del quondam Tommaso Trabucco, che fu magazziniere di tavole, di anni 19, con dote di ottomila scudi in circa» 13.
Nel mese «aprile del 1765. Francesco Trabucco, figlio di Tommaso Trabucco, prese in moglie Maria Romagnuolo e Texeira[…]» 14.
In una nota del testamento di Tommaso Trabucco si riscontra che Donna Rosa, l’altra figlia, alla morte del padre si ritrovò nel Monastero del Salvatore di questa città di Palermo con il nome di Suor Domenica Trabucco.
Tra i beni immobili di proprietà del Trabucco elencati nel suo testamento vi è: «La casa grande di propria abitatione, con suoi officini sotto, nella strada delli Bottari, ove al presente abita […]» 15 ovvero il suo palazzo di via Bottai in Palermo, risalente al 1756, in stile tardo barocco, sulla cui facciata è situato lo stemma descritto dal Di Crollalanza «Trabucco di Sicilia. — Arma: D’azzurro, al monte di tre cime, sulla cui sommità sta un bastone scorciato, posto in banda, sostenente un leone passante e coronato, accompagnato nel capo da tre stelle, il tutto d’ oro» 16. (Figg. 3 – 4).
Il palazzo di via Bottai (Fig. 5) è del tutto simile al palazzo Trabucco di Napoli (Fig. 6), quest’ultimo edificato nel XVII secolo dall’architetto napoletano Nicola Tagliacozzi Canale 17, famoso per i suoi effetti scenografici caratterizzati dall’alternanza di pieni e di vuoti attraverso l’utilizzo di archi e pilastri riccamente decorati. Nel palazzo palermitano le aperture del primo e del secondo piano della facciata sono incorniciate da modanature e ghirlande dai motivi fitomorfi con medaglioni al centro raffiguranti personaggi così come, allo stesso modo, nel prospetto principale del palazzo Trabucco napoletano. Il programma compositivo fatto di cartigli e busti inseriti sugli architravi delle finestre era una originale elaborazione dell’architetto.
Per quanto riguarda l’origine di tale edificio di Palermo, si riscontra che «Egli fece realizzare lavori di trasformazione delle case di Giulio Benso per farle diventare il suo palazzo di abitazione» 18. L’edificio, notevolmente danneggiato dai bombardamenti del 1943, venne poi ristrutturato negli anni del secondo dopoguerra 19. Essendo diventato oggi un condominio di case per civile abitazione a causa di ripetuti rimaneggiamenti nel tempo, non è stato possibile verificare se esiste ancora, se non altro, la galleria al piano nobile e se si sono preservate una serie di sale di rappresentanza tra cui il grande salone con un affresco allegorico raffigurante Il tempo che dà la giusta fama e scaccia la menzogna, della scuola di Vito D’Anna, ed inoltre dei sovrapporta decorati con dipinti di Pietro Manno e Giuseppe Velasco» 20. A proposito della fama che i Manno ebbero a Palermo, la Zambito riferisce che «emergono anche riferimenti alla maniera dei Manno» 21. Pietro Manno e i suoi fratelli, in particolare Antonio, lavorarono insieme al D’Anna: «Della collaborazione tra Antonio Manno e Vito D’Anna sono testimonianza i disegni che fanno parte della collezione ottocentesca del barone palermitano Sgadari Lo Monaco» 22, oggi nelle collezioni di Palazzo Abatellis.
Tommaso Trabucco fu un commerciante in tessuti (pannime) e non solo (anche di legname, data la sua proprietà di vari boschi nella sua terra d’origine), come si evince dalla conclusione dell’elenco dei beni stilato nel suo inventario ereditario: «E finalmente tutti li generi delle merci e mercanzie esistenti tanto nel magazino di questa Regia Dogana quanto nelli magazzini di legname, e nelle Botteghe di pannime nella città di Termine, città di Caccamo e magazano nella città di Monreale, come ancora fuori regno a’ mani delli corrispondenti nomi di debitori esistenti in questa città nel regno e fuori regno, denaro contanti ritrovato in cassa, et altri expressati nel Libro Mastro con coperta rossa di Alacca Signato di N. quattro del negotio del fu’ Don Tommaso […] in cui il Bilancio scritto in detto libro di carattere proprio del Sig.r D.n Giuseppe M.a Ardizzone Contatore maggiore di casa di detto Trabucco. Not. Di Giovanni Errante di Palermo».
Di seguito si riporta interamente tale inventario 23 che restituisce oltretutto l’idea della distribuzione interna dei vani di palazzo Trabucco di allora, in via Bottai; l’elenco, inedito, verrà riversato nel database intitolato ai Branciforti, contenente inventari testamentari ed ereditari di nobili famiglie storiche siciliane relativamente ad una ricerca più ampia sull’arte decorativa prettamente isolana; il database, strumento utile agli studiosi di questo settore, è pubblicato sul sito dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia “Maria Accascina”, centro di ricerca e di studi dell’Ateneo universitario di Palermo, diretto da Maria Concetta Di Natale, ed è connesso al volume Vivere e abitare da nobili a Palermo tra Seicento e Ottocento 24.
Dal confronto di tali liste contenute nel database, che si caratterizza proprio perché concepito implementabile come una banca-dati, è possibile analizzare repertori di singole tipologie di beni ed osservarne il cambiamento delle forme nei secoli. Ad esempio una boffetta, ovvero un mobile per appoggio, può riscontrarsi di varie dimensioni ed essere quindi una boffetta, una boffettina o un boffettone come nel caso dei «Due boffettini di capizzo con sua pietra e piede dorato di mistura», molto probabilmente dei comodini, della «boffetta di legno vecchio», dei «N. 2 Boffettoni di pietra con suoi piedi…», oppure della «boffetta di scrivere», nonché un tavolo tipo scrittoio, tutti beni tratti dall’elenco del testamento del Trabucco. In esso si nota che dalla descrizione dei singoli oggetti enumerati si risale alla materia ed alla tecnica e si può immaginare pertanto che i citati comodini di capizzo (la parte del letto dove è il capezzale, ovvero il capo del letto), in pietra, fossero stati con il piede in legno e che avessero avuto una doratura a mistura, ovvero a mecca, tecnica impiegata prevalentemente per gli oggetti meno pregiati o adoperati frequentemente, come le cornici, le sedie o il mobilio in genere di ordinario uso: ad esempio Un giraletto di ligname dorato di mistura e pittato a fiori, ovvero una struttura lignea della Camera di dormire del detto fu Don Tomaso; qui vi erano pure N. due specchi grandi usati con cornici dorate, Due orologij con cassa di tartuca ed una elegante ninfa grande di cristallo ad otto bracci.
La boffetta di legno vecchio invece doveva essere evidentemente più antica della data del testamento del Trabucco, forse seicentesca e non del Cinquecento quando i mobili in uso erano pochissimi e vi erano solo quelli strettamente funzionali come le cassapanche che si usavano sia come sedute che come contenitori.
Successivamente, in particolare nella seconda metà del Seicento, con l’avvento di nuove tecniche costruttive che contribuirono alla sua diffusione, il mobile divenne sempre più emblematico di uno status sociale e rappresentativo dell’intensificarsi dei rapporti tra le corti e le varie famiglie nobiliari che gareggiavano tra loro in quanto a lusso e ricchezza. Ne sono un esempio i «N. due mezzi Burò usati con pittura color rosso e dorati», riscontrati nell’inventario del Trabucco, tipologia di mobili di derivazione francese, nonchè una rielaborazione delle forme della più primitiva boffetta, dapprima con cassetti, o cosiddetta per scrittura, spesso ricoperta di pelle o di cuoio, definita chiaramente negli inventari testamentari con il termine scrivania solo a partire dalla seconda metà del XVII secolo, che si ibrida con lo scrittorio-stipo, a ribalta, fino ad arrivare alla versione cosiddetta a cilindro con la parte superiore a forma bombata e spesso chiusa da un pannello a serranda. Tale precoce versione del bureau francese a ribalta era stata introdotta per la prima volta nella corte di Luigi XIV a Versailles. Mentre le scrivanie del Settecento ebbero poi non soltanto piani inclinati ma pure estraibili per mezzo di guide 25.
«Una scaffarata di tartuca col S.to Bambino dentro con alcune caselle minute d’argento», sempre nell’inventario in esame, che dovette essere una preziosità, come emerge nel database, non è che una teca chiusa a cristalli per riporvi oggetti da collezione come porcellane o, appunto come in questo caso, bambinelli di pregevole fattura, possibilmente realizzati in ceroplastica.
Nello stesso elenco del Trabucco, «Una lettèra con tavole, trispiti di ferro, matarazzi buoni, e giraletto di domasco con la biancheria uguale di detto letto» e «Un letto di domasco cremesi con fodera color di latte riccamato a’ porcellana» consentono non soltanto di dedurre gli elementi che costituiscono il letto 26, ma si possono immaginare i coordinati tessili che caratterizzavano tutto l’ambiente della camera in cui le stoffe di tende e parati, cuscini e coperte, venivano accostati e abbinati tra loro, come nel caso ad esempio del “cortinaggio di domasco giallo foderato di terzanello bianco riccamato di seta torchina” abbinato alla “sua cultra di terzanello bianco riccamata come sopra”. “Un letto piccolo con tavola, trispiti di ferro, due matarazzi di lana buona e cortinaggio di filo e cottone fiorato” era inoltre “con sua robba uguale per dormire”, ovvero abbinato alle lenzuola.
Si riscontra pure un stipo di legno bianco grande usato, mobile probabilmente antico rispetto al testamento, ed essendo grande, lascia pensare che fosse stato più vicino come tipo ad un armadio, perché tra l’altro gli stipi di rappresentanza, preziosi ed eleganti, non avevano solitamente dimensioni notevoli; risulta collocato nella IV anticamera insieme soltanto a due casse grandi di legno bianche usate, forse abbinate allo stipo, un’altra cassa piccola di legno usata e ad un letto per donne (?) di casa con sua robba uguale per dormire. La specifica per donne è relativa alla destinazione per l’uso come nel caso di altre tipologie di letti riscontrabili nel database, per li creati, ovvero per i fanciulli, o per il padrone o la padrona di casa, o ancora per li servi.
Il documento in esame di seguito, come detto, viene trascritto interamente e riporta tante altre voci di manufatti di valore come i “Due orologij con cassa di tartuca e con ramo usati”, oppure il “crocifisso con croce di tartuca et imposto d’argento”; vi si trovano poi, specchi, sedie, quadri, suppellettili in uso nei secoli XVII e XVIII di cui si circondavano uomini e donne di allora e che oltretutto raccontano anche di un modo di vivere, dei gusti e delle mode della società di quei tempi. Tra gli argenti di famiglia si riscontrano candalieri N. 8, smiccatore N. uno, salera N. una, tabacchere d’argento N. quattro, e anche tante posate: Posate N. trentaquattro, cortelli seu manichi di detti N. diecinove, cocchiarellini di cafe N. sedici, cocchiarone e paletta, altro cocchiarone. Purtroppo invece non sono elencati i vestiti del Trabucco, forse perchè non erano tramandabili come si evince dalla specifica «Si avverte che non vi è descritta la biancheria usuale con l’abiti usuali del detto fù Don Tomaso nostro Sig.r Padre (…)».
Trascrizione del documento:
Inprimis Beni stabili nel regno di Napoli
Due salme nominate d’Arbusto e Fabrica esistenti nel Corpo della Cava
Quattro pezzi di Boschi nominati delli Sperti, Spedali, Carraffelli et Acqua di Don Giacomo in detto Corpo della Cava.
Altro pezzetto di Bosco nella Marina di Vietri sotto una piccola vigna nella sudetta Marina
Un orto in Nocera delli Pagani nel detto regno di Napoli suggetti nell’oneri annuali sopra li med(esi)mi Legitimam(en)te dovuti
Di più un Palazzo nella Marina di Vietri soggetto al Fidecommisso Mascolino in detto regno di Napoli.
Beni Mobili nella casa di propria abitatione del d.to fu Don Tomaso
Nella Carrettaria
Una merlina antica usata con suo traino Liscio
Un birlingotto novo con suo traino dorato di mistura
Un birlingotto vecchio con suo traino Liscio
Un’altra cascia chiamata Tosellino con suo traino usato
Nella cavallerizza
N. 2 cavalli di anni sette in circa perogn’uno che vanno alla carrozza.
N. 2 mule Gucciarde di Carrozza d’anni quattro perogn’una
Una Maccia Novella che si ritrova oggi in Cammarata
Altra Maccia piccola vecchia ed inutile
Una somara, ed un crasto
Un paro di guarnimenti di cavalli di carrozza con ramo usati
Un paro di guarnimenti di mule usato
Altro paro di guarnimenti vecchi inservibili
Cinque selle usate
Nella entrata
Un fanale di canna ed un altro piccolo per cavallerizza
Nella sala
Tre banconi usati
N. sette quatri di paesaggi con loro cornici usati
Una boffetta di legno vecchio
Prima anticamera
N. dodici sedie di vacchetta senza bracci usate
N. quattro quadri delle quattro staggioni et loro cornici usate et altri due paesaggi
Una boffetta di pietra et il piede dorato di mistura
Due trespiti di legno fatti per cantone (?) usati all’Indiana
Seconda Anticamera
Due specchi mezzani con loro cornice d’oro
N.cinque lumere piccole con cornice dorata
N. quattro quadri con cornici nove e di mistura
Non si descrive un Ritratto
N. due mezzi Burò usati con pittura color rosso e dorati
N. dodici sedie rosse e dorate con domasco giallo
Una boffetta di scrivere
Camera di dormire del detto fu Don Tomaso
N. due specchi grandi usati con cornici dorate
N. 2 Boffettoni di pietra con suoi piedi di mistura(?)
Due orologij con cassa di tartuca e con ramo usati
N. dodici sedie di domasco giallo
N. sette quadri ornati di pittura con suo cristallo innanti con cornici dorate
Un cortinaggio di domasco giallo foderato di terzanello bianco riccamato di seta torchina con sua cultra di terzanello bianco riccamata come sopra.
Due boffettini di capizzo con sua pietra e piede dorato di mistura
Un crocifisso con croce di tartuca et imposto d’argento
Una littera di letto grande con trispiti di ferro con due matarazzi di lana Barbaresca foderati di tela rigata con sua robba uguale di letto.
Un giraletto di ligname dorato di mistura e pittato a fiori
Una ninfa grande di cristallo ad otto bracci.
Nella Cappella
[…] due cammisi usati[…], due calici d’argento […]
Prima retrocamera nel Quarto grande ove al presente abita la Sig.na Donna Serafina Figlia Vergine di detto fu Don Tomaso
Un letto piccolo con tavola, trispiti di ferro, due matarazzi di lana buona e cortinaggio di filo e cottone fiorato con sua robba uguale per dormire.
Un canestro (?) di domasco torchino vecchio
Un quatruzzo di capizzo con l’immagine della Madonna, e cornice di tartuca
Un (?) piccolo pittato a fiori
N. quattro quadri usati con cornici di legno e di mistura.
Due lumiere una grande et una piccola con cornice dorata di zecchina.
Mezza boffettina di capizzo di pietra et piede dorato di mistura
Un mezzo Burò piccolo di legno pittato.
Una scaffarata di tartuca col S.to Bambino dentro con alcune caselle minute d’argento.
Seconda retrocamera
Un cembalo usato
N. quattro quadri vecchi
Una boffetta di legno vecchia
Due cascie vecchie
Nella terza retrocamera
Una boffetta grande di legno
N. dodici sedie di Napoli di paglia (…)
Una cascia vecchia con biancheria di tavola usuale
Una Bozza a’naca (?)di Stagno et piedi di legno
Quarta retrocamera
Un stipo di legno bianco grande usato
Due casse grandi di legno bianche usate
Un letto per donne (?) di casa con sua robba uguale per dormire
Un’altra cassa piccola di legno usata
Cucina
Otto tigli(e) di ramo con li coverchi grandi e piccoli
Due tigami di rame grandi
Quattro padelle di rame usate
N.o tre caldare di rame usate
Due mostarelli di metallo
Un candeliero di ramo giallo a tre mecci
Sei candalieri di stagno a due mecci
Due braciere con piedi di ferro una di ramo rosso, altra di ramo giallo.
Una coppa di ramo giallo
Un’altra coppa di ramo rosso piccola
Un’altra coppa di ramo rosso grande, et altri tigli uguali di cocina.
Si avverte che non vi è descritta la biancheria usuale con l’abiti usuali del detto fù Don Tomaso nostro Sig.r Padre (…)
Secondo Quarto nell’anticamera a mano destra
Camera di dormire di Don Salvatore
Un letto di domasco cremesi con fodera color di latte riccamato a’ porcellana
Una lettera con tavole, trispiti di ferro, matarazzi buoni, e giraletto di domasco con la biancheria uguale di detto letto.
N. due specchi grandi con cornici di cristallo verdi.
N. 6 lumiere piccole con cornici come li specchi
Due boffettoni di pietra con piedi dorati di mistura
N. dieci sedie di noce con domasco cremisi
Un cordino di capizzo con ossa di tartuca
Due boffettini di pietra di capizzo con piedi dorati di mistura
Una ninfa grande di cristallo ad otto bracci
Prima retrocamera
N. 8 sedie di Napoli usate
Una boffetta di noce con panno verde
Una cascia di legno usata
Seconda retrocamera
due letti per serve di casa con robbe uguali
Due cascie di legno et una scaffarata vecchia
sala del Quarto Superiore
Un bigliardo con panno verde fornito ?
N. 8 quadri di paesaggi vecchi
Prima anticamera
N. 6 sedie all’antica con li braccia
Un boffettone grande nero
Una boffetta piccola di legno vecchia
Otto sedie di paglia di Napoli
N. undici quadri di paesaggi usati
Seconda anticamera
N. otto sedie di Napoli di paglia usate
Una lumera antica vecchia
N. quattro quadri di figure usati
Camera di dormire di D.n Benedetto e D.n Gio. Battista
Un letto con tavola, trispiti di ferro e matarazzi buoni con cortinaggio di domasco di capicciola e seta con risvolta (?), e cielo celestino di terzanello, e giroletto del med(esi)mo domasco con una robba uguale di dormire.
Due specchi mezzani con cornici dorati di ?
Due mezzi Burò di Sandalo russo
N. 12 sedie di noce con sedile di vacchetta gialla
Due boffette mezzane di pietra con piedi dorati di mistura
Due boffettini di capizzo di legno dorati di mistura antichi
Un crocifisso d’avolio con sua croce di tartuca
Camera di dormire del Sac.te Don Giuseppe
Un letto consistente in tavola, trispiti di ferro con suoi matarazzi buoni, cortinaggio di domasco giallo con sua robba uguale di dormire
Un genuflessorio di noce
Un boffettino di noce
N. 10 sedie di noce con sedili di paglia
Un cantarano di legno pittato a’ fiori
Due mezzi specchi con cornici dorate mezzani
N. quattro quatri grandi con cornici nere e di mistura
Un altro quadro piccolo sopra la porta
Un altro quadro piccolo di Capizzo
Un crocifisso con croce di tartuca
Una sedia tonna (tonda)
Camera di dormire di D.n Francesco
N. 10 sedie di Napoli
N. due specchi piccoli di mistura all’antica
Un boffettino di noce
Un mezzo Burò piccolo di legno pittato
Un letto piccolo con robba uguale per dormire
Quattro quadri vecchi
Camerino di libri
Due scaffe a tre ordini piccole piene di libri diversi di Legge, di bolle Lettere, istoria, Teologia e Storia di Tomasino
Un’altra scaffa a tre ordini con L’opera del Cardinal de Luca, et altri libri correnti.
Argento
Piattigli n. sedici
Piatti fangotti n. quattro
Piatto regale N. uno
Palangana N. uno
Boccale N. uno
Caffettiera N. una
Sottocoppe N. tre
Sottocoppine N. nove
Tabbare N. uno
Inguantiere N. due
Giarre, seu Chicavi per sorbette N. sei
Calamamera N. una
Due quadri di fiori esistenti nel camerone del fu’ esist(ito) (?) Sig.r Padre (Paola?)
Posate N. trentaquattro
Cortelli seu manichi di detti N. diecinove
Cocchiarellini di cafe N. sedici
Cocchiarone e paletta
Altro cocchiarone
Candalieri N. 8
Smiccatore N. uno
Salera N. una
Tabacchere d’argento N. quattro
Quali tutte pesano libre novanta
e più due para di candalieri di metallo bianco d’Inghilterra a due bracci
Un addrizzo di cavalcare di panno giallo riccamato d’argento usato.
Un altro di panno rosso con zagarella d’argento usato
Un altro di panno di color blu con gallone d’argento ad una faccia usato, altro di panno giallo con gallone d’argento ad una faccia usato
Una Qualdrappa (?) ed una Belice per il manto (crento?) di panno celestino usata con gallone di seta
Di più diversi mobili di campagna consistenti come in appresso si descrivono.
Casino di campagna nelli Pitrazzi
Sala
Due banconi vecchi e quattro quatri vecchi, et un braccio di legno con lampariglia di stagno.
Anticamera e altre camere
N. trenta sedie di paglia di Napoli, N. dodici sedie piccole di giummara, N. due cantarani antichi di radica di oliva, un letto di camino con trabacchino di ferro con cortinaggio d’Indiana con matarazzi e robbe usuali di dormire, N. quattro littere con trispiti di ferro con quattro matarazzi di lana, e quattro pagliazzi, N. due boffettini d’ebano usati, N. 2 boffettini di noce usati.
Una boffetta divisa in quattro pezzi di legno tinta verde
Un’altra boffetta tonna di legno due mezzi boffettini di capizzo dorati di mistura, altre due boffette di noce usate, N. sei scoppette, e diversa robba usuale per cocina di campagna.
E finalmente tutti li generi delle merci e mercanzie esitenti tanto nel magazano di questa Regia Dogana, quanto nelli magazzini di legname, e nelle botteghe di pannine nella città di Termine (?), città di Caccamo e magazano nella città di Monreale, come ancora fuori regno a mano delli corrispondenti nomi di debitori esistenti in questa città nel regno, e fuori regno, danaro contanti ritrovato in cassa, et altri meglio detti et expressati nel libro mastro con coperta rossa di Alacca signato di n. quattro dal negozio del fu Don Tommaso che incomincia dal punto Gen. 1760 principiando dal foglio primo sino al foglio 292 in cui termina il Bilancio scritto in detto libro di carattere proprio del Sig.r Don Giuseppe M.a Ardizzone Contatore maggiore di casa fù Don Trabucco sottoscritto detto ultimo foglio in cui termina il Bilancio tanto da detti Sig.ri Rev. Sac.te Don Giuseppe, Don Salvatore Trabucco, quanto da Don Gio:Battista Trabucco, D.n Benedetto, Don Francesco e Donna Serafina Trabucco, fratelli e sorelle (…).
- R. Cancila, Integrarsi nel Regno: da stranieri a cittadini in Sicilia tra attività mercantile, negozio politico e titolo di nobiltà, in Mediterranea Ricerche Storiche, n. 31, Anno XI, 2014, pp. 259-284, alla pag. 260.[↩]
- M.C. Di Natale, Le Confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo – Committenza, Arte e Devozione, in M.C. Di Natale (a cura di), Le Confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo, Storia e arte, Catalogo della mostra a cura di M. C. Di Natale (Albergo dei Poveri, 3-5 maggio 1993), Palermo 1993, pp. 17, 18.[↩]
- G. Spatrisano, L’architettura del Cinquecento, Palermo 1961, p. 11.[↩]
- ASPa Vol. 56 Fondo San Giovanni dei Napolitani. Il donativo è evidentemente periodico perchè nel documento si parla di un calcolo che stabilisce la cifra in funzione di quanto dovuto per un donativo precedente.[↩]
- G. Sommariva, Palermo, cento chiese nell’ombra, Palermo 2007, p. 260.[↩]
- G. Di Marzo, Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX pubblicati su manoscritti della Biblioteca comunale, Vol. XIII, Palermo 1874, p. 77 – 78.[↩]
- Ibidem.[↩]
- www.geni.com/Trabucco; Il sito riferisce il nome della moglie di Tommaso Trabucco, Domenica Salonia nata nel 1700.[↩]
- G. Sommariva, Palermo, cento…, 2007, p. 260.[↩]
- ASPa Fondo San Giovanni dei Napolitani Vol. 1 cc.228 – 235.[↩]
- A questo proposito si riporta in parte un inedito documento del 13 aprile 1620, riguardante una «Particola del testamento di Giulio Alemagna per il legato di una messa quotidiana. […] Item lascio alla chiesa del mio glorioso Santo Giovanni del piano della Marina della Magnifica Nazione Napolitana, della quale alcuno tempo sono stato indegno cappellano […] la casa che fu di Agostino Ardizzone confinante con le case di detta chiesa […] che ne possa pigliare possessione subito dopo la mia morte, volendo detta chiesa accettarla e di detta rendita della casa onze 25 l’anno me ne faccia dire una messa al giorno, e alla celebrazione di la quale voglio che siano preferuti preti del Regno di Napoli […]» (ASPa, Fondo San Giovanni dei Napolitani, vol. 33, f. 38 v. Atto del Not. Giuseppe Campo di Palermo, 13 aprile 1620). Il cognome Ardizzone si riscontra pure alla fine dell’inventario del Trabucco ma non con il nome Agostino: «Sig.r Don Giuseppe M.a Ardizzone Contatore maggiore di casa fù Don Trabucco».[↩]
- F.M.E. e Gaetani Marchese di Villabianca, Appendice alla Sicilia Nobile, nel quale si hanno le susseguenti investiture dei titoli di principi, duchi, marchesi, e conti del baronaggio del Regno dall’anno 1754 fino al 1774, Tomo I, Palermo 1775, p. 454.[↩]
- G. Di Marzo, Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX, Vol. XIII, Palermo 1874, p. 117, 213. Per quanto concerne la definizione di magazziniere di tavole, “a guisa di Banchiere”, si rimanda a S. Laudani, Dai «magazzinieri» ai «contrascrittori»: il sistema dei «caricatori» nella Sicilia dell’età moderna tra mutamenti e continuità, in Mélanges de l’école francaise de Rome, Anno 2008, 120-2, pp. 477-490, a p. 482.[↩]
- G. Di Marzo, Diari della città di Palermo…, 1874, pagg. 117, 213.[↩]
- ASPa Fondo San Giovanni dei Napolitani Vol. 1 cc. 228 – 235.[↩]
- G.B. Di Crollalanza, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, vol. III, Pisa 1890, p. 39.[↩]
- Sorge adiacente al più noto Palazzo Mastelloni, in Via San Liborio a Napoli. La proprietà del palazzo, inizialmente di Suor Anna Maria Trabucco, fu poi ceduta da quest’ultima al fratello Tommaso Trabucco nel 1732, in seguito al disastroso terremoto che lo aveva seriamente danneggiato. Appena due anni dopo il terremoto Tommaso Trabucco avviò i lavori di riconsolidamento del palazzo che era sorto sullo spazio precedentemente di proprietà della Certosa di San Martino, sotto la direzione dell’ingegnere Michele Porcelli, poi sostituito con Tagliacozzi Canale, uno dei massimi esponenti del barocco napoletano, regio architetto e scenografo con Carlo III. Il fabbricato, che s’innalza su cinque piani, costituisce un magnifico esempio di architettura civile settecentesca a Napoli. www.identitàinsorgenti.com/galleries/i-dettagli di Napoli il Palazzo del conte Trabucco tesoriere della Real Marina. L. Troiano, I dettagli di Napoli: il palazzo del conte Trabucco, tesoriere della Real Marina in Identità insorgenti 27 gennaio 2020. Cfr. S. Attanasio, I palazzi di Napoli. Architetture e interni dal Rinascimento al Neoclassico, Napoli 1999, p. 49. Cfr. anche: G. Fiengo, Architettura napoletana del Settecento: problemi di conservazione e valorizzazione, Bari 1993.[↩]
- www.iagi.info. I nostri avi Forum Italiano della Commissione Internazionale permanente per lo studio degli Ordini Cavallereschi, dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano e di Famiglie Storiche d’Italia. È probabile che Giulio Benso sia stato il pittore ligure n. nel 1603 – m. dopo il 1676. V. Giovanna Terminiello Rotondi, Benso, Giulio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 8, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, 1966.[↩]
- Come riporta la cronaca degli attacchi aerei del 1940-43 «L’USAAF (United States Army Air Forces, nonché la forza aerea degli Stati Uniti d’America) ritornò su Palermo nel pieno del 1° marzo 1943 con l’incursione avvenuta dalle ore 13.18 alle 15.45. L’attacco fu seguito in due ondate: […] ore 13.43 […] danneggiati il palazzo Partanna e il palazzo Trabucco posti lungo via Bottai e confinanti tra loro». A. Bellomo, C. Picciotto, Bombe su Palermo. Cronaca degli attacchi aerei 1940-43, Bergamo 2016.[↩]
- R. La Duca, Repertorio bibliografico dei palazzi di Palermo, Palermo 1994, p. 277; G. Lo Jacono, Studi e rilievi di palazzi palermitani dell’età barocca, Palermo 1962, pp. 89-91.[↩]
- A. Zambito, Il Patrimonio scultoreo nel territorio Sud Orientale dell’Arcidiocesi di Palermo dal 1690 al 1845. Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Studi Culturali Arti Storia Comunicazione – Facoltà di Lettere e Filosofia. Tesi di Dottorato in Storia dell’Arte Medievale, Moderna e Contemporanea in Sicilia – Scienze dell’Antichità Filologiche, Letterarie e Storico Artistiche. Coordinatore del Dottorato M. C. Di Natale, Tutor del Dottorato M. Guttilla. P. 15. I tre fratelli Antonino Manno (Palermo 1739 – Palermo 1810), Vincenzo Manno (Palermo 1750 – Palermo 1827) e Francesco Pietro Manno (Palermo 1752 – Roma 1831), tutti artisti scultori e pittori, furono attivi tra Settecento e Ottocento. Antonino Manno ebbe noti rapporti di lavoro con Vito D’Anna.[↩]
- Maestri del disegno nelle collezioni di Palazzo Abatellis, catalogo della Mostra a cura di V. Abbate, Palermo 1995, passim; T. Aiello, www.lionspalermodeivespri.it/wordpress/2010/05/07/lopera-dei-fratelli-manno. F. Abbate, Storia dell’Arte nell’Italia meridionale. Il secolo d’oro, IV, Roma 2002, p.169; Mirabile Artificio 2. Lungo le vie del legno, del marmo e dello stucco. Scultori e modellatori in Sicilia dal XV al XIX secolo, a cura di M. Guttlla, Palermo 2010.[↩]
- Inventario ereditario del Trabucco: ASPa Fondo San Giovanni dei Napolitani Vol. 1 cc. 234 – 242 datato 28 gennaio 1762.[↩]
- L. Chifari, C. D’Arpa, Vivere e abitare da nobili a Palermo tra Seicento e Ottocento. Gli inventari ereditari dei Branciforti principi di Scordia. Palermo 2019.[↩]
- L. Chifari, C. D’Arpa, Vivere e abitare…, 2019.[↩]
- Sulla costituzione del letto si veda L. Chifari, C. D’Arpa, Vivere e abitare…, 2019 e L. Chifari, L’eredità di Ercole Branciforti al figlio Girolamo e il database degli inventari, in Oadi Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia, N. 25, Giugno 2022, Palermo 2022.[↩]