Sante Guido

I diaspri siciliani per la Cappella Borghese nella basilica papale di Santa Maria Maggiore in un documento dell’Archivio Apostolico Vaticano

santeguido@hotmail.com
DOI: 10.7431/RIV29012024

L’abate Domenico Tata – celebre naturalista e vulcanologo, che per decenni tenne la cattedra di matematica e fisica presso la Regia Università di Napoli1 – nel 1772 pubblicò un catalogo di pietre dure siciliane2 nel quale sono elencati 94 differenti diaspri dei quali circa un terzo (35 esemplari) provenienti da Giuliana3, un piccolo borgo che domina tutta la valle del Sosio fino al mare a circa 40 km da Sciacca oggi parte della Città metropolitana di Palermo. È probabilmente la prima pubblicazione dedicata alle pietre dure che caratterizzano alcune zone della Sicilia e che furono per secoli oggetto di collezionismo e utilizzo grazie al fascino degli straordinari colori di questi litotipi costituiti quasi totalmente da quarzo e impurità di ferro che assumono tonalità dal giallo vivo al rosso cupo fino al bruno e al verde scuro con, in alcuni casi, “cristallizzazione” trasparenti. La preziosità e l’attenzione dedicata ai diaspri di Giuliana, e da altre minori località limitrofe come Bisanquino, ove «si cavano diaspri, porfidi, ametisti, calcedoni e altre bellissime pietre di varii e vaghissimi colori e di molto prezzo» è attestata nel 1611 dal canonico palermitano Leonardo Orlandini il quale inoltre riferisce che «Il Granduca di Toscana [Francesco I de’ Medici ] per abbellire in Fiorenza la sua nuova Real Cappella mandò con grosse spese a cavarle in Giuliana e quindi per aspre e malagevoli vie condurle fino alla marina»4.

In Italia, molto più recente, si deve a Giuseppe Montana e Valentina Gagliardo Briuccia l’importante studio dedicato ai diaspri siciliani utilizzati in epoca barocca: una pubblicazione che resta ancora un prezioso punto di riferimento5 e alla quale si possono accostare i successivi studi di Giulia Napoleone6 ad altri7.

La mostra Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento tenutasi presso la Galleria Borghese (25 ottobre 2022 – 29 gennaio 2023) ha riportato l’attenzione degli studiosi e ha aperto nuovi interessi nel grande pubblico sull’uso delle pietre dure e marmi come supporti della pittura a Roma e Firenze, così come a Napoli, tra la fine del XVI secolo e il quarto decennio del Seicento8, ma anche sul loro impiego come crustae per le decorazioni architettoniche. Un aspetto, quest’ultimo, approfondito per quanto riguarda la città di Roma nel volume “Chapels of the Cinquecento and Seicento in the Churches of Roma. Form, Function, Meaning”, a cura di Chiara Franceschini, Steven Ostrow e Patrizia Tosini che ha presentato importanti novità sull’argomento e ha fatto il punto su tutta la vasta letteratura precedente9. A questo si aggiungano i recentissimi contributi di Fabio Barry10, in particolare sulla Cappella Paolina, che si apre sulla navata sinistra della basilica papale di Santa Maria Maggiore a Roma, sulla quale s’intende soffermarsi in questo contributo.

Si tratta come noto di una monumentale costruzione, edificata tra il 1605 e il 1611 su progetto di Flaminio Ponzio, con la sovrintendenza di Giovan Battista Crescenzi, e decorata tra il 1608 ed il dicembre 1613, voluta da papa Paolo V (Camillo Borghese, 1605-1621) come luogo destinato alla propria sepoltura e alla custodia della Theotokos, la più importante icona mariana dell’Urbe, nota dal XIX secolo con il titolo di Salus Populi Romani11. All’interno, sotto la cupola affrescata da Ludovico Cardi detto il Cigoli e i dipinti parietali ad opera del Cavalier d’Arpino, Guido Reni, Giovanni Baglione, Domenico Crespo detto il Passignano ed altri, sono collocati i cenotafi con, a sinistra, la raffigurazione di papa Borghese, e a destra, l’effigie di Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini, 1592-1605). Monumenti funebri, a foggia di arco trionfale, sono decorati con sculture di Pietro Bernini, Nicolas Cordier, Francesco Mochi, Cristoforo Stati e marmi policromi, molti dei quali provenienti da scavo. Sul fondo entrando del grande vano a pianta centrale è ubicata una straordinaria ancona d’altare, con funzione di monumentale reliquiario della icona della Madre di Dio12, recentemente restaurata nei laboratori dei Musei Vaticani13, realizzata su iniziale progetto da Girolamo Rainaldi, successivamente profondamente modificato da Pompeo Targone con la collaborazione di Antonio Tempesta14.  Chi scrive, grazie ad alcune osservazioni emerse durante recenti cantieri di restauro e ai necessari approfondimenti critici, si è dedicato ad indagare la natura dei marmi della cappella e dei diaspri utilizzati per la decorazione dell’ancona-reliquiario della Salus Popoli Romani15 (Fig. 1). Argomento sul quale s’intende ritornare in queste pagine ove si vogliono presentare nuovi dati specie in relazione ai diaspri siciliani provenienti da Giuliana, grazie ad un approfondimento basato su un documento noto agli studiosi ma mai pubblicato integralmente, conservato presso l’Archivio Apostolico Vaticano, da considerarsi foriero di dettagli sulla scelta dei materiali per la realizzazione della monumentale ancona-reliquiario.

Una descrizione

Dell’«Ara effulget, magnificentissime constructa, pretiosis lapidibus, ac gemmis, et inaurato metallo rutilans» – come descritta dall’abate Paolo de Angelis nel 1621, a pochi anni dall’inaugurazione16, – che si trova sulla parete di fondo della Cappella Paolina ci da notizie anche Giovanni Baglione nella biografia di Pompeo Targone: «avvenne intanto, che fu creato Pontefice Paolo V. e volendo fabbricare una suntuosa cappella in S. Maria Maggiore, si risolse di volervi fare un bellissimo, e ricco Altare di gioie, e di pietre preziose, come egli fece. Mandò a chiamare Pompeo Targone in Fiandre, […] E fu benvisto, e onorato dal Pontefice Paolo, il quale esponendogli, come esso voleva fare nella sua Cappella di S. Maria Maggiore un Altare ricco, chiedergli la cura di quello [altare voluto per] adornare quella santissima immagine della Beatissima Vergine dal Vangelista S. Luca dipinta»17 (Fig. 2).

La struttura architettonica è tutta caratterizzata da una preziosa policromia di diaspri e bronzi dorati, come ad esempio i capitelli, l’architrave e le basi delle colonne profilate in tale lega metallica rilucente. Di «inaurato metallo» sono inoltre i cinque grandi angeli – ma anche due putti con al centro lo Spirito Santo in una raggiera – opere di Camillo Mariani fuse da Targone su un fondo di lapislazzuli di tre gradazioni di colore a suggerire un cielo ricco di nuvole18 «che parria aria finta»19; gli angeli sorreggono un’articolata cornice dorata costituita da blocchi di ametista, profilata da 64 pietre preziose, che racchiude la sacra immagine. Nella parte sommitale è collocato un rilievo, sempre in metallo dorato su un fondo di lapislazzuli, di Stefano Maderno raffigurante Papa Liberio definisce la pianta della basilica nella neve il 5 agosto del 358 e seduti sul timpano grandi angeli a grandezza due volte il naturale di Guillaume Berthelot oltre a tre grandi putti di Egidio Moretti. Tuttavia l’intera ancona-reliquiario è caratterizzata da una sofisticata cromia data, oltre che dallo scintillio dell’oro e dei lapislazzuli, da una variegata tavolozza grazie a «alcuni mischi et altre pietre di valore, che si fanno venir di Sicilia per servitio della cappella Paolina, che si fabrica in Santa Maria Maggiore, tanto più stimati, quanto che nemeno dalli antichi furono ritrovati»20. Gli studi dedicati all’argomento hanno reso possibile identificare tutti i diaspri utilizzati21 e riconoscerli come provenienti dal territorio di Giuliana22, con le sole eccezioni di quello giunto da Barga23, nella Lucchesia, dono a Paolo V da parte del granduca Ferdinando de’ Medici, utilizzato per rivestire le quattro grandi colonne «composte di lame di diaspro, incastonate dentro regoli di metallo dorato»24 e per la riquadratura dei lapislazzuli. Accanto a quest’ultimo, a completare la cornice, si aggiungano piccole parti in “cipollino rosso” (Marmor carium o Iassense), anche detto “marmo fites” 25 «dal fondo rosso vivo con pochissime vene bianche. Raro.»26.

Troviamo quindi utilizzati nell’alta zoccolatura il “diaspro rosso e giallo fiorito”27 (Figg. 34) con il quale furono realizzati anche i due grandi sportelli che chiudono la teca con l’immagina sacra (Fig. 5). Di diaspro a «fondo di un rosso vivacissimo reticolato di agate bianche. Rarissimo28 meglio definito come “rosso radicellato di Giuliana”29 è la specchiatura centrale della grande cornice che racchiude il cielo in lapislazzuli ma anche le lastre laterali del basamento delle colonne (Fig. 6). Per l’alta fascia orizzontale alla base delle colonne e il fregio sovrastate i capitelli30 (Fig. 7) fu utilizzato un terzo raro e quindi particolarmente prezioso diaspro (Fig. 8). Questo presenta la caratteristica ed inusuale conformazione e colorazione tale da averlo erroneamente identificato «legno pietrificato [dalle] varie sfumature di verde marrone giallo su linee parallele come le venature del legno»31 mentre si può riconoscerlo della precisa definizione assegnata da Corsi quale diaspro “listato fondo giallo cupo venato di verde”32 (Fig. 9), conformazione e tonalità di colori dal tono scuro, che contrasta con i tanti diaspri dai colori sgargianti provenienti dalla Sicilia. In relazione al massivo uso che se ne fece per l’ancona-reliquiario della Cappella Paolina, quasi esclusivo in quanto non risulta essere stato utilizzato nella più importatane coeve fabbriche romane33, e alla sua specifica caratteristica di conformazione e di colorazione, il litotipo in esame è stato recentemente classificato quale “diaspro listato borghesiano”34, conferendogli così uno specifico valore “identitario”.

Il dono del Principe di Castiglione

Un documento d’archivio di Casa Borghese, datato 30 dicembre 1610, attesta che diaspri prevenienti da Giuliana nella prima metà del mese per la cappella Paolina furono dono di un «principe siciliano»35, così come ulteriormente confermato in un documento inviato da Paolo V al cardinal nipote Scipione Borghese nel quale si elencano «Diaspri pezzi n° cinquecento venti uno che sono stati donati et mandati a noi nel mese di Decembre prossimo passato dal Principe di Castiglione»36. Chi scrive ha recentemente potuto identificare in Tomaso Gioeni Cardona37,   e non nel figlio Lorenzo II38,  il nobile siciliano – secondogenito ed erede di Lorenzo I Gioeni, conte di Novara e marchese di Castiglione, e Caterina Cardona, marchesa di Giuliana, investito nel 1602 da Filippo III di Spagna del titolo di primo principe di Castiglione – l’autore del munifico gesto nei confronti del pontefice romano. È quanto attestato dalla lettura del breve papale che reca nell’intestazione il nome del destinatario: Dilecto filio Nobili viro Tomae dè Juenio, et Cardona, Principi Castiglionis in data Pridie Calendas Maij MDCXI39. In particolare nel breve testo fatto redigere da Paolo V si fa preciso rifermento alla destinazione dei diaspri per la decorazione dell’ancora-reliquiario della sacra icona: Accepimus iaspides, quos nobis dono misisti ad altaris ornatum, quod in sacello a nobis dedicatum sanctissimae Genitrici Dei semper Virgini erigendum est.

Di grande interesse è un ulteriore documento, conservato presso l’Archivio Apostolico Vaticano, che conferma per entità lo straordinario omaggio da parte del principe di Castiglione dei diaspri ma anche il successivo dono, in data 9 maggio 1611, a circa sei mesi dal loro arrivo dalla Sicilia, di alcuni di questi al cardinal Scipione, mai pubblicato integralmente e qui trascritto (vedi Apparato 2) che permette di approfondire alcuni importanti dettagli. Il primo ci da non solo quantità dei blocchi che ammonta a «521 tra grandi, mezzani et piccoli di quelli che sono stati donati et mandati a noi dal mese di dicembre prossimo passato dal principe di Castiglione».

Si tratta di settanta blocchi di grandi dimensioni oltre ad altri di minore entità che in base alla descrizione delle singole unità appaiono solo in parte necessari alla realizzazione del monumento da parte di Pompeo Targone in base ad un preciso progetto per il quale si scelsero solo diaspri di alcune colorazioni rispetto a quelle possibili dando quindi uno spaccato della facies dell’articolato cantiere per la realizzazione di monumento. Le colorazioni era state fissate dal progetto originale e nel modello messo a punto da Pompeo Targone su disegno di Antonio Tempesta e dettagliatamente descritte nel contratto il 12 luglio 1610 firmato fra il cardinal Giacomo Serra rappresentante della Camera Apostolica e Giulio Buratti quale amministratore di Flaminio Ponzio, architetto della cappella; nel documento compare inoltre la straordinaria cifra di 43.000 scudi per la realizzazione dell’ancona-reliquiario40.

Dalla descrizione della colorazione si evince che la grande quantità (circa 47 unità) è costruita da diaspri di tonalità “giallino e bianca” oppure “giallino, bianco e verde” ed ancora “giallino e bianco Colomba” che non trovano riscontro in alcuna parte della grande ancona-reliquiario tutta caratterizzata dai toni caldo aranciato del “diaspro rosso e giallo fiorito” oltre che del rosso vivo di Barga. Tuttavia vari sono i blocchi che in base ai colori descritti possono essere identificati quali litotipi effettivamente inutilizzati: come il “russo e bianco” riconosciuto nel “rosso radicellato di Giuliana”, ma soprattutto scorrendo l’elenco troviamo alcune attestazioni che fanno riferimento al “listato borghesiano” da indentificarsi nella pietra “color noce” che compare in sei casi41. La conformazione a linee parallele e la colorazione “giallo cupo e verde scuro” permettono di assimilare tale diaspro al tono del legno di noce. A questi esemplari si possono inoltre accostare altri due blocchi caratterizzato dalla colorazione “macchiata giallino bianco a colore di noce”42 che non troviamo nel monumento. Scorrendo il lungo elenco, accanto alla descrizione dei singoli blocchi e del loro colore, si dettagliano le misure degli stessi espresse in palmi romani43 che, nella prima metà del XVII, corrisponde a cm 22,34. Le dimensioni, in alcuni casi più che considerevoli, rendono esplicita l’importanza del dono vista la preziosità dei litotipi in esame.

Troviamo infatti l’ingente numero di più di trentacinque blocchi di litotipi gialli e bianchi, in alcuni casi con venature verdi, o calcidoniata con dimensioni medie di «lunghezza di palmi due e mezzo di larghezza di palmi due di grossezza di palmi due»  che corrispondono44 a cm 55.9 x 44.8 x 44.8 che tuttavia non compaiono utilizzati nella ancona-reliquiario della Cappella Paolina, probabilmente perché la tonalità chiara di queste pietre non corrispondeva al progetto descritto nel contratto e redatto prima dell’arrivo dei blocchi dal Marchesato di Giuliana. Del tutto simili alle misure appena indicate sono invece cinque soli blocchi di pietra “macchiata di giallino russo e bianco” identificabile con “diaspro rosso e giallo fiorito”45 utilizzato nella zoccolatura del monumento , così come si contano solo quattro blocchi “di diaspro giallo agatato”46, uno dei quali raggiunge l’eccezionale dimensione di «lunghezza di palmi quattro di larghezza di palmi tre di grossezza di palmi uno e mezzo» pari a cm 133.4 x 67 x 33.50, permettendo di ottenere le grandi lastre utilizzate nel basamento. E ancora, sempre delle stesse dimensioni medie sopradescritte il documento elenca quindici blocchi di «pietra […] macchiata di russo et bianco» identificabile con il “radicellato di Giuliana” con un solo caso dalle eccezionali misure di «lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi tre di grossezza di palmi due» corrispondete a cm 67 x 67 x 44.80.  Grandi dimensioni annoverano, infine, i sei blocchi di “listato borghesiano” dal “colore di noce” con dimensioni medie pare a «lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo» corrispondenti a cm 67 x 33.50 x 33.50 che come abbiamo visto furono utilizzati, nell’inconsueto rilevante spessore medio di cm 1,847 (Fig. 10) e cm 26 d’altezza48, nella base delle colonne e nel fregio dell’architrave per un totale di poco più di 22 metri di lunghezza. Un dato eccezionale vista la preziosità di tali pietre dure spesso utilizzate per commessi in forma di lastrine dello spessore di pochi millimetri.

La lista si conclude con un ulteriore dato di eccezionalità del dono di Tomaso Gioeni Cardona a Paolo V Borghese in relazione al novero di circa 400 «pietre di diversi colori di palmi uno di lunghezza in circa et di larghezza e grossezza quarti due», pari a 22.35 x 11.2 x 11.2 troppo piccoli per essere utilizzati per l’ancona-reliquiario, ma che nella loro globalità corrispondono alla importante quantità di metri 1,67 cubi di preziosi diaspri siciliani.

Un dato che acquista una particolare importanza in considerazione delle ultime ricerche di Laura Valterio che ha analizzato alcuni interessanti casi del reimpiego di pietre dure e marmi antichi come supporti di piccole e sofistiche opere pittoriche e più nello specifico nel riutilizzo di lastrine di lapislazzuli provenienti dal “cielo” che inquadra la sacra icona della Salus Popoli Romani nella Cappella Paolina. Pietra utilizzata per la creazione di doni di particolare importanza, grazie al primitivo utilizzo, fatti realizzare da Scipione Borghese per omaggiare personalità di spicco nel panorama politico italiano ed internazionale come per l’arciduca Alberto VII d’Asburgo e la sua consorte49, reggenti dei Paesi Bassi. La studiosa, inoltre, sottolinea la presenza di quattro dipinti ovali su lapislazzuli realizzati da Antonio Tempesta, il progettista della decorazione in diaspri dell’ancona-reliquari ancora a fine secolo – nel 1693 – nell’inventario di casa Borghese.

In quest’ottica ma, con un significato ancora maggiore, assume nella Roma dal secondo decennio del Seicento l’uso del “diaspro borghesiano” con un inedito valore, grazie all’uso “esclusivo” nel maestoso reliquiario nella cappella di Paolo V. Recenti ricerche hanno confermando la rarità di tale diaspro che, come già accennato non compare negli apparati decorativi realizzati a Roma, e nei territori limitrofi, tra la seconda metà del XVII secolo e nei primi anni del Seicento50 che in sole due eccezioni51, relative a committenti appartenenti all’entourage di papa Borghese. Il primo caso è l’impiego di un grande ovale disposto al centro del gradino d’altare della cappella della SS. Trinità in S. Maria della Vittoria, commissionata dal cardinale Berlingero Gessi (1564-1639)52 governatore della città di Roma dal 1618 e fino al 1624 per volontà di Paolo V. Il secondo esempio è impiego del “diaspro listato borghesiano”, assieme a lapislazzuli e altri diaspri siciliani quali il “radicellato di Giuliana”, nella cornice che racchiude l’icona tardo medievale raffigurante la Paraklesis o Vergine Avvocata53 “cappella delle reliquie”, realizzata tra il 1615 e il 1626 dal comasco Giovan Battista Mola54, nella cattedrale di Spoleto. Anche in questo caso il committente, il nobile spoletino Andrea Mauri, ricoprì la carica di prefetto generale delle poste e delle dogane dello Stato della Chiesa per volontà di papa Borghese55 in quanto denunciante un preciso legame di appartenenza all’entourage di papa Borghese.

I diaspri donati dal Tomaso Gioeni Cardona, principe di Castiglione, divennero quindi, in alcuni casi specifici, merce preziosa atta alla realizzazione di opere fortemente significative ma anche, in considerazione della loro ingente quantità giunta dalla Sicilia, materiale per la fioritura a Roma nei primi decenni del XVII secolo della produzione di manufatti estremamente sofisticati quali piccoli dipinti da devozione privata o a tema mitologico da Wunderkammer, tavoli, stipi, altaroli in legno ebanizzato, orologi da tavolo tutti caratterizzati dalla presenza di molte delle pietre provenienti  da Giuliana ed elencate nel documento qui presentato. Valga per tutti il raffronto tra lo straordinario stipo di papa Sisto V (1580-1585), a Stourhead House in Inghilterra, nel quale non compaiono diaspri siciliani e il similare monumentale gabinetto in ebano già in Casa Borghese del 1620 circa, oggi al J. Paul Getty Museum di Los Angeles, o quello di Casa Colonna, ed ivi conservato, del terzo decennio del XVII secolo, nei quali compaiono tutti i diaspri sin qui citati56.

Apparati

1 – Archivio Colonna, II BB, 15 / 17

Dilecte fili Nobilis vir salutem et Apostolicam benedictionem. Accepimus iaspides, quos nobis dono misisti ad altaris ornatum, quod in sacello a nobis dedicatum sanctissimae Genitrici Dei semper Virgini erigendum est. Pulchri sane et speciosi sunt, ideoque nobis gratissimi, sed multo magis, quia novimus, quanto filialis tuae in nos pietatis affectu eos nobis largitus sis. Agimus itaque Nobilitati tuae gratias de munere, et benedictionem nostram tibi peramanter tribuimus. Datum Romae apud Sanctum Marcum sub Annulo Piscatoris Pridie Calendas Maij MDCXI Pontificatus Nostri Anno Sexto.

2 – AAV, Fondo Borghese, Serie I, 27, ff. 485r-489v (476r-480v)

Reverendissimo Scipione Cardinale Borghese monsignor nipote havendo noi d’ordine nostro havuto diaspri pezzi n. 521 tra grandi, mezzani et piccoli di quelli che sono stati donati et mandati a noi dal mese di dicembre prossimo passato dal principe di Castiglione et perché la intenzione nostra è stata et è di donarli a voi liberamente et di tal donazione et nostra intentione non apperisce per scrittura. Però havendo per espresso a sufficienza la qualità, quantità et vero valore di detti diaspri et approvando la consegna di essi et dichiarando esser fatta d’ordine et volontà nostra di nostro motu proprio certa scienza et pienezza della nostra … Apostolica per donatione libera et irrevocabile che si dice far inter vivos donamo et concedemo a voi liberamente li detti diaspri con tutte le raggioni et attioni che sopra quelli et loro prezzo et valore competono et possono competere alla nostra camera et li più li doniamo come sopra un pezzo di agata havuto da fiorenza quale si trova in mano di Pompeo Sargone dal quale ordiniamo ci sia consegnato et vogliamo et decretiamo che la presente voglia con la nostra semplice sottoscritione senz’altra mano data o registratura et senz’altra insinuatione et ancorche notitia ammessa et registrata in camera et cenno di essa non possa esser dato di sovettione … o di fatto della nostra intentione o altro invio o nullità né fatto tali et qualsivoglia altri … notata [476v->] impugnata rinnovata o retrattata et così et non altrimenti sia da qualsivoglia giudice et auditori di Ruota et legati al latere giudicato et distinto con la clausola sublata et irritante nonostante le cose predette … et qualsivoglia altre costituzioni et ordinationi apostoliche stancti et riformationi et di Roma leggi, decreti, privilegi, usi et consuetudini et altre cose che facessero in contrario a quali cose tutt’essingole ancorché li sognassi farne para.re et espressa mantione et havessero decreti et clausole insolite et derogatorie di derogatorie o ricercassero altra forma più esquisita. […]

Dato nel nostro palazzo apostolico li 9 di giugno Paolo Papa VI

(Nota di diaspri ceduti nel precedente chirografo)

Pietra di lunghezza di palmi due e mezzo di larghezza di palmi due di grossezza di palmi due macchiata di giallino calcidoniata

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo di larghezza un palmo et un quarto di grossezza palmo uno macchiata di giallino et bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmo uno di grossezza di palmo uno macchiata di giallino e bianco

[477r ->] Pietra di lunghezza di palmi due e mezzo di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo di colore giallino rosso e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due e mezzo di larghezza di palmi due et grossezza di palmi uno e mezzo macchiata di russo giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due e mezzo di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno macchiata di giallino e bianco et toccata di verde

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi due di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata di verde giallino et bianco

Pietra di lunghezza di palmi due et larghezza di palmi uno e mezzo macchiata di verde giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di grossezza et larghezza in tondo macchiato di russo e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo macchiato di bianco giallino e verde

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno bianca calcedoniata

[477v – >] Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno macchiata di giallino russo e bianco

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo larghezza di palmi due, grossezza di palmi di quarti macchiata di giallino e bianco

Pietra di larghezza uno et quarto della stessa lunghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno macchiata giallina e bianca

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi due di grossezza di palmi uno macchiata di russo bianco e giallino

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi due di grossezza di palmi uno et quarti due macchiato di verde russo giallino et agata

Pietra di lunghezza di palmi uno e resti due di larghezza di palmi uno di grossezza di palmi due terzi macchiata di russo e bianco

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo e larghezza di palmi uno di grossezza di palmi uno macchiata di verde giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due e larghezza di palmi due di grossezza di palmi due macchiata giallino et bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno et quarti due, grossezza di palmi uno macchiata di russo e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezza [478r ->] di grossezza di palmi di quarti 2 macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi tre in tundo macchiata di giallo e bianco della Colomba

Pietra di lunghezza larghezza e grossezza di palmi di quarti due in tundo macchiata di giallino e bianco della Colomba

Pietra di lunghezza e larghezza di palmi due di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata di giallino e verde

Pietra di lunghezza di palmi due e mezzo di larghezza di palmi due di grossezza di palmi due macchiata di giallino et bianco della Colomba

Pietra di lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo macchiato di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi tre e mezzo di larghezza di palmi tre di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata di giallino e bianco della Colomba

Pietra di lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi due e mezzo di grossezza di palmi due macchiata di giallino bianco a colore di noce

[478v ->] Pietra di lunghezza di palmi due e mezzo di larghezza di palmi due di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata bianco e giallino calcidoniato

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi due terzi a colore di noce

Pietra di lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo giallino e bianco della Colomba

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza, larghezza et altezza di palmi due in tundo macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due e mezzo di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e un quarto macchiata di russo giallino et agatato

Pietra di lunghezza di palmi tre e mezzo di larghezza di palmi uno et terti due di grossezza di palmi uno e mezzo a colore di noce

Pietra di lunghezza di palmi due e resti due di larghezza di palmi due e mezzo di grossezza di palmi uno macchiata di giallino e bianco

[479r. ->] Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi due di grossezza di palmi due in tundo macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza et larghezza di palmi quatro et grossezza di palmi uno macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo di larghezza di palmi uno di grossezza di mezzo palmo macchiata di giallino verde e bianco

Pietra di lunghezza, larghezza, grossezza di palmi uno e mezzo in tundo macchiata di russo e bianco

Pietra di lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi due e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata di russo e bianco

Pietra di lunghezza, larghezza, grossezza di palmi due in tundo macchiata di russo bianco e nigro

Pietra di lunghezza di palmi due larghezza di palmi uno di altezza di palmi uno macchiata di russo e bianco et colore di suppresato

Pietra di lunghezza di palmi tre e mezzo di larghezza di palmi uno et terti due di grossezza di palmi uno e mezzo a colore di noce

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo et di altezza un palmo macchiata giallino bianco et agata

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo di larghezza di palmi uno di altezza di palmi uno macchiata giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza et altezza di palmo uno e mezzo in tundo macchiata di giallino bianco et a colore di noce

Pietra di lunghezza di palmi uno di larghezza due di grossezza [479v ->] di palmi uno macchiata di bianco giallino et verde

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi due di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata di bianco e russo

Pietra di lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo a colore di noce

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza et grossezza anco due palmi in tundo macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo di larghezza uno di grossezza uno macchiata di russo et bianco

Pietra di lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi tre di grossezza di palmi due macchiata russo et bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno in tundo macchiata di russo et bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi due di grossezza di palmi uno macchiata di bianco et russo

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo di larghezza di palmi due di grossezza di palmi uno macchiata di giallino et bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno macchiato di russo e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno a colore di noce

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo di larghezza di palmi [480r ->] due di grossezza di palmi uno macchiata di giallino calcidoniata

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno di grossezza di palmi uno a colore di noce

Pietra di lunghezza larghezza grossezza di palmi uno in tundo macchiata di russo e bianco

Pietra di lunghezza, larghezza di palmi uno et un quarto macchiata bianco e russo

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno macchiata bianco e russo

Pietra di lunghezza di palmi quattro di larghezza di palmi tre di grossezza di palmi uno e mezzo macchiata giallino, bianco et agata

Pietra di lunghezza di palmi due di grossezza di palmi uno e mezzo di larghezza di palmi uno e mezzo macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi uno e mezzo di larghezza di palmi uno di grossezza di palmi uno macchiata di giallino e bianco

Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo, di grossezza di palmi uno macchiata di bianco e giallino

Numero di tutte le pietre grandi che sono [480v ->] disegnate sono settantatre, dico n.° 73 et più ci sono pietre di diversi colori di palmi uno di lunghezza in circa et di larghezza e grossezza quarti due in circa la quantità sono n.° 400.

  1. P. Palmieri, Tata, Domenico, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1960-2020, XCV (2019), pp. 159-161.[]
  2. D. Tata, Catalogo di una raccolta di pietre dure native di Sicilia…, Napoli 1772, pp. 13-17.[]
  3. I preziosi diaspri prevenienti da Giuliana furono già menzionati nel 1558 da T. Fazello, De Rebus siculis decades duae, Panormi, apud Ioannem Matthaeum Maidam, et Franciscum Carraram, 1558, ed. a cura di R. Fiorentino, Palermo 1830, p. 623.[]
  4. L. Orlandini, Breve discorso del castagno di Mongibello e delle lodi di Sicilia, Palermo 1611, p. 70.[]
  5. G. Montana-V. Gagliardo Briuccia, I marmi e i diaspri del Barocco siciliano. Rassegna dei materiali lapidei di pregio utilizzati per la decorazione ad intarsio, Palermo 1998. Il testo presenta un’esaustiva bibliografia di riferimento ancora valida. Gli autori pubblicano un elenco di 189 diaspri con sito di provenienza e colorazione.[]
  6. C. Napoleone, Il collezionismo di marmi e pietre colorate dal sec. XVI al sec. XIX, in “Marmi antichi” a cura di G. Borghini, Roma 1992, pp. 99-115; L’impiego dei diaspri e delle agate di Sicilia dal XVI al XVII secolo, in Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, a cura di M. C. Di Natale, Milano 2001, pp. 192- 203, con bibliografia precedente.[]
  7. Per l’utilizzo dei diaspri siciliani: F.M. Teuna, I marmi commessi nel tardo rinascimento romano, in “Marmi antichi” 1992, pp. 81-97; P. Giusti, Da Roma a Firenze: gli esordi del commesso rinascimentale, in Eternità e nobiltà di materia. Itinerario artistico fra le pietre policrome, a cura di A. Giusti, Firenze 2003, pp. 197-230; più recentemente sul commercio dei marmi e su alcuni diaspri siciliani: F. Freddolini, Rarità lapide: estetica e nobiltà tra Roma, Firenze e il mondo globale nel primo Seicento, in Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento, catalogo della mostra (Roma, Museo e Galleria Borghese, 2022-2023), a cura di F. Cappelletti-P. Cavazzini, Roma 2022, pp. 83-95. Si veda inoltre R. Schmidt, I famosi jaspachates giulianesi/sicilia, in “Lapis”, 27 (2002), pp. 21-37.[]
  8. Meraviglia senza tempo…, 2022.[]
  9. C. Franceschini-S. Ostrow-P. Tosini, Chapels of the Cinquecento and Seicento in the Churches of Roma. Form, Function, Meaning, Milan 2020, con esaustiva bibliografia precedente.[]
  10. F. Berry, Painting in stone: architecture and the poetics of marble from Antiquity to the Enlightenment, New Haven-London 2020; Idem, Santa Maria Maggiore. Cappella Paolina, in Alla ricerca dell’eternità. Dipingere sulla pietra e con la pietra a Roma. Itinerari, a cura di F. Cappelletti-P. Cavazzini, Roma 2022, pp. 65-66. Di fondamentale importanza sulla Cappella Paolina è l’approfondimento di S. Ostrow, Art and Spirituality in Counter-Reformation Rome. The Sistine and Pauline Chapels in S. Maria Maggiore, Cambridge 1996, pp. 138-167; Si veda inoltre F. Barry, Painting in Stone. Architecture and Poetics of Marble from Antiquity to the Enlightenment, Yale-London, 2020, pp. 298, 309.[]
  11. G. Cornini, “La mia grazia, sarà con essa”. L’icona Salus Popoli Romani tra storia, devozione e conservazione, in “Salus Populi Romani. Il restauro dell’antica icona della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, a cura di B. Jatta, Città del Vaticano 2022, pp. 17-66.[]
  12. Epiteto, quest’ultimo con il quale l’immagine è citata su tutti i documenti archivistici dal VI e sino al XVIII secolo. Sull’icona si veda, con bibliografia precedente S. Guido, La strada di Roma come luogo di culto: immagini e suppellettili sacre in processione, in Viae Urbis. Le strade a Roma nel Medioevo, atti del convegno internazionale di studi (Roma, 18-20 novembre 2021) a cura di L. Barelli-M. Gianandrea-S. Passigli, Roma 2023, pp. 309-325, in particolare: pp. 311-317.[]
  13. Salus Populi Romani. Il restauro dell’antica icona della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, a cura di B. Jatta, Città del Vaticano 2022.[]
  14. F. Barry, L’altare della Salus popoli nella cappella Paolina a Santa Maria Maggiore, in “Meraviglie senza tempo. Gli studi dopo la mostra”, a cura di F. Cappelletti-P. Cavazzini, Roma 2024, pp. 141-156.[]
  15. S. Guido, Marmi policromi, lapislazzuli e pietre dure: appunti dai cantieri di restauro della Cappella Cornaro a Santa Maria della Vittoria e della Cappella Paolina nella Basilica papale di Santa Maria Maggiore, in “I colori del marmo”, atti del convegno internazionale (Pisa, 15 febbraio 2018), a cura di C. Giometti e M.C. Sicca, Pisa 2019, pp. 97-120, spec. pp. 113-120.[]
  16. P. De Angelis, Basilicae S. Mariae Maioris de Urbe a Liberio Papa I usque ad Paulum V Pont. Max descriptio et delineatio, Bartolomeo Zanetti, Roma 1621, p. 191.[]
  17. G. Baglione, Le vite dei’pittori, scultori et architetti, dal pontificato di Gregorio XIII nel 1572. In fino a’ tempi di

    Papa Urbano Ottavo nel 1642, Stamperia d’Andrea Fei, Roma 1642, p. 330.[]

  18. S. Guido, Marmi policromi, lapislazzuli…, 2019, pp. 113-120.[]
  19. Dal contratto del giugno 1610 riportato da M.C. Dorati da Empoli, Gli scultori della cappella Paolina in S. Maria Maggiore, in “Commentari”, XVIII2-3, 1967, pp. 234, 237, nota 26; più recentemente F. Berry, 2014, p. 150, p. 156, nota 16.[]
  20. J.A.F. Orbaan, Documenti sul barocco in Roma. I, Roma 1920, p. 186.[]
  21. S. Guido, Marmi policromi, lapislazzuli…, 2019, pp. 113-120; Idem, Il diaspro borghesiano e altri mischi siciliani doni del principe di Castiglione a papa Paolo V, in “Meraviglie senza tempo. Gli studi dopo la mostra”, a cura di F. Cappelletti-P. Cavazzini, Roma 2024, pp.125-139. Per l’identificazione dei litotipi si è fatto soprattutto riferimento a A. Del Riccio, Istoria delle pietre [1597], ed. a cura di R. Gnoli e A. Sironi, Torino 1996, pp. 13, 95; R. Gnoli, Marmora Romana, Roma 1988 (seconda ed. rivista e ampliata; prima ed. Roma 1971); M.T. Price, The Sourcebook of Decorative Stone. An Illustrated Identification Guide, London 2007, tuttavia nel tentativo di dare oggettività̀ al riconoscimento dei litotipi con una nomenclatura, che può̀ cambiare in base a diverse epoche e scuole di pensiero e in genere affidata all’esperienza soggettiva, ci si è serviti del repertorio di F. Corsi, Catalogo ragionato d’una collezione di pietre di decorazione con riferimento alla numerazione assegnata dal Museum of Natural History della Oxford University, a ogni singolo campione della raccolta che conta più di mille esemplari. A tali riguardo si rimanda al sito web: The Corsi Collection, http://www.oum.ox.ac.uk/corsi/.[]
  22. Ancora oggi a Giuliana è possibile trovare piccoli blocchi di diaspri in forma di ciottoli lungo le sponde del torrente Landri e del fiume Sosio o affioranti nei terreni agricoli in località Mulino.[]
  23. Il dono di Fernando I a papa Borghese fu possibile per tramite di Piero di Vincenzo Strozzi, segretario dei brevi del pontefice nonché soprintendente ai lavori della cappella in Santa Maria Maggiore. A tale riguardo di rimanda a A. Giusti, Da Roma a Firenze…, 2003, pp. 197-230.[]
  24. Avviso 11 luglio 1612, da J.A.F. Orban, Documenti del barocco a Roma, Roma 1920, p. 204.[]
  25. Ricordato da Gnoli con il nome di «Africanone» o «Africano egizio»: Gnoli, Marmora 1988,, pp. 243-244; ed inoltre: Del Riccio, Istoria delle pietre…, 1992, pp. 95-96; F. Corsi, Delle pietre antiche, Roma 1845 (1a ed. Roma 1828), pp. 97-99; L. Lazzarini, La determinazione della provenienza delle pietre decorative usate dai Romani, in I marmi colorati della Roma Imperiale, catalogo della mostra (Roma, Mercati di Traiano, 2002-2003), a cura di M. De Nuccio e L. Ungaro, Venezia 2002, pp. 223-265 in particolare pp.248-250.[]
  26. The Corsi Collection…, n. 95. Si veda F. Corsi, Delle pietre antiche…, 1845, p. 97.[]
  27. The Corsi Collection…, n. 755.[]
  28. The Corsi Collection…, n. 745.[]
  29. M. Minozzi, Guglielmo della Porta, Crocefissione, (scheda di catalogo 1.4), in “Meraviglia senza tempo…, 2022, pp. 136-137.[]
  30. S. Guido, Marmi policromi, lapislazzuli …, 2019, pp. 113-120.[]
  31. H.W. Pullen, Manuale dei marmi romani antichi, ed. a cura di F. Crocenzi, Roma 2015, p. 152.[]
  32. F. Corsi, Catalogo ragionato d’una collezione di pietre di decorazione, Roma 1825, p. 189; Price 2007, p. 246; Montana-Gagliardo Briuccia, I marmi…, 1998, pp.79, 116 pl.169; The Corsi Collection…, n° 764[]
  33. S. Guido, Il diaspro borghesiano…, 2024. p. 130, nota 30.[]
  34. G. Giardini, S. Colasante, Memorie per servire alla descrizione della carta geologica di Italia. XV. Le collezioni di pietre decorative antiche “Federico Pescetto” e “Pio de Santis” del Servizio Geologico d’Italia, Roma 1986, rist. Roma 2002, pp. 136-167.[]
  35. M. Minozzi, Guglielmo…, 2022, p. 137. La studiosa riferisce inoltre di un documento datato 18 dicembre 1610 relativo al pagamento di 25 scudi “per donarli ai marinai che hanno portato lì diaspri di Sicilia”[]
  36. Il documento è citato da ultimo in Freddolini, Rarità lapidee…, 2022, pp.83-95, nota 8 a p. 93; Guido, Il diaspro borghesiano…, 2024, pp. 128.[]
  37. R.F. Margiotta, Don Lorenzo II Gioeni committente e collezionista di opere d’arte, “Rivista d’arte”, s. V, IX, 2019, pp. 161-187, in particolare pp. 171-172.[]
  38. S. Guido, Il diaspro borghesiano…, 2024, pp. 128-129.[]
  39. Vedi Apparati 1.[]
  40. S. Ostrow, L’arte dei papi. La politica delle immagini nella Roma della Controriforma, Roma 2002, pp. 147-148.[]
  41. I sei esemplari sono qui elencati:

    Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi due terzi a colore di noce [478v]

    Pietra di lunghezza di palmi tre e mezzo di larghezza di palmi uno et terti due di grossezza di palmi uno e mezzo a colore di noce [478v]

    Pietra di lunghezza di palmi tre e mezzo di larghezza di palmi uno et terti due di grossezza di palmi uno e mezzo a colore di noce [479r]

    Pietra di lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno e mezzo a colore di noce [479r]

    Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno e mezzo di grossezza di palmi uno a colore di noce [479r]

    Pietra di lunghezza di palmi due di larghezza di palmi uno di grossezza di palmi uno a colore di noce [479r].[]

  42. “Pietra di lunghezza di palmi tre di larghezza di palmi due e mezzo di grossezza di palmi due macchiata di giallino bianco a colore di noce” [477r].[]
  43. N. Marconi, Edificando Roma Barocca. Macchine, apparati, maestranze e cantieri tre XVI e XVIII secolo, Città di Castello 2004.[]
  44. Le cifre sono arrotondate per difetto o per eccesso in relazione al decimale 0.5; così un piede e mezzo è pari a cm 33.52 è arrotondato a 33.5 e due piedi e mezzo pari a 55,87 è arrotondato a cm 55,9.[]
  45. The Corsi Collection…, n. 755.[]
  46. G. Giardini, S. Colasante, Memorie per servire…, 2002, p. 58.[]
  47. Nei molti interventi di restauro eseguito dallo scrivente su opere i marmi policromi e pietre dure relative ai secoli XVI-XVIII è sempre stato constato che gli spessori di tali materiali non superano i mm 3 e che più spesso le crustae sono di poco più di un millimetro; queste sono quindi incollate con pece greca su fodere in lavagna o pietre nera.[]
  48. In soli due casi è stato possibile rintracciare lastre di cm 25 x 26 attestanti la grandezza massima dei blocchi utilizzati.[]
  49. L. Valterio, Frammenti di eternità. Pittura su pietra nella Roma del Seicento, in Meraviglia senza tempo…, 2022, pp. 71-81, in particolare pp. 78-80.[]
  50. S. Guido, Il diaspro borghesiano…, 2024, p. 130, nota 138[]
  51. Preme sottolineare che il “listato giallo e verde scuro” fu impiegato con grande risalto al centro delle specchiature che ricopro le lesene sulle pareti, impreziosite da madreperla, marmi e le pietre dure, tra il 1600 e del 1602 della cappella funebre di san Filippo Neri in S. Maria in Vallicella, progettata nella parte strutturale da Onorio Longhi, e decorata su progetto di Giovanni Guerra. Tutti i materiali in questo caso furono appositamente importati da Firenze ove tale diaspro era già noto e utilizzato, sebbene in piccole porzioni, per tutto il periodo del granduca Francesco I de’ Medici. I medaglioni nella cappella di San Filippo potrebbero essere, visto anche la datazione di tale fabbrica, il primo utilizzo del listato a Roma quale preziosi materiali di “importazione” da Firenze.  G. Incisa della Rocchetta, La cappella di San Filippo alla Chiesa Nuova, «Oratorium», 1-3, 1972, pp. 46-52; C. Barbieri, La costruzione della cappella di San Filippo, in C. Barbieri-S. Barchiesi-D. Ferrara, Santa Maria in Vallicella. Chiesa Nuova, Roma 1995, pp. 33-37.[]
  52. S. Feci, Gessi, Berlingiero, in “Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1960-2020, LIII (1999), pp. 474-477.[]
  53. S. Guido-W. Angelelli, in Spoleto sacra 1200. Nell’825° anniversario della consacrazione della cattedrale, a cura di G. Sapori, catalogo della mostra (Spoleto, Museo Diocesano, 2023), Livorno 2023, pp. 78-85, n. 14.[]
  54. A. C. Gampp, La rete di Giacomo e Giovanni Battista Mola, in A. Amendola, ‎J. Zutter, I Mola da Coldrerio tra dissenso e accademia nella Roma Barocca. Ricerche tra architettura, pittura e disegno, a cura di Adriano Amendola, Jörg Zutter, Medrisio-Cinisello Balsamo 2017, pp. 33-43: 37-38.[]
  55. B. Toscano, Spoleto in pietre. Per conoscere la città, 2a ed. a cura di G. Sapori-B. Toscano, Foligno 2023, pp. 303-304. Per i rapporti di Nola e i Borghese: B. Toscano, Sudditi e sovrani. La decorazione di palazzo Mauri e il gusto di casa Borghese, «Spoletium», XXXIV-XXXV, 1990, pp. 71-94, pp. 303-304.[]
  56. Importante sottolineare il legame tra Casa Colonna e Casa Gioeni che portò, il 25 aprile 1629, al matrimonio a Palermo tra Marcantonio V e Isabella Gioeni Cardona, figlia di Lorenzo II principe di Castiglione, unica erede di vasti possedimenti siciliani, tra i quali il marchesato di Giuliana.[]