Arturo Anzelmo

Paolo Amato “dietro le quinte” e su più fronti nella realizzazione del Teatro geografico antiguo y moderno e del monumento messinese a Carlo II

arturoanzelmo@gmail.com
DOI: 10.7431/RIV30042024

Individuando «il libraio della Regia Corte in quel Carlos Castilla “encuadernador” del Teatro geografico antiguo y moderno del reyno de Sicilia […]»1 nello stesso che nel festino del ’93 apparò la sua bottega sul Cassaro riproducendo il Teatro della Musica progettato dall’Amato nell’81 (omaggio, testimonianza di rapporti) che una delle tavole illustra, Maria Sofia Di Fede osserva come «In definitiva è difficile pensare che nella Palermo degli anni ottanta del Seicento un personaggio come Paolo Amato potesse risultare totalmente estraneo ad un’operazione così prestigiosa, peraltro di committenza viceregia, come la redazione del Teatro geografico: « […] è del tutto plausibile che il più grande ideatore di apparati decorativi, effimeri e non della capitale, ma soprattutto grandissimo esperto delle tecniche della rappresentazione […], abbia prestato le sue raffinate competenze alla complessa elaborazione dell’opera.»2.

L’ipotesi, a parte i rapporti con il Benavides a proposito dell’esecuzione della Galleria dei viceré3, sembra corroborata dall’incarico per gli apparati dei funerali della Marchesa di Solera (1685), la cui relazione4 è fregiata da calcografie di don Girolamo Monte che presentando l’opera al viceré annota: «La rara Benignità, con la quale V.E. ė restata servita di valersi dell’opera mia nel metterle col mio rozzo pennello in prospettiva, le principali Città della nostra Sicilia, e tutto ciò, ch’in questa di Palermo ci è di vagò; e di magnifico in genere d’Architettura; m’hà dato fiducia di portare anche alli suoi piedi con questi pochi fogli due altre carte della mia professione […]».

Ritorna sull’argomento Valeria Manfrè, sottolineando come «En estos “caprichos” decorativos que no tienen paralelo en ningún otro atlas de Sicilia se recogen las diversas sensibilidades y gustos artísticos del momento y es posible ver una influencia directa […] o de dependencia amatiana […]. El autor, o mejor dicho, la colaboración de versátiles artistas, de estas representaciones gráficas, es hasta el momento anónimo.»5. Ma le splendide vignette delle carte, del litorale fra Taormina e Messina dove, sopra una quadriga-galeone (ritornerà nel carro del Festino del 1701) trainata da bianchi e focosi cavalli, viene da oriente il Sole (Fig. 1) o dell’altra, che mappa la costa modicana tra Spaccaforno e Santa Croce Camerina, con l’aitante Nettuno che domina gli avversi venti (Figg. 23)6, non sembrerebbero lontane dalle freschissime esperienze romane del Grano rientrato in Sicilia il 31 luglio 1682 né sembra impossibile vedervi i colti suggerimenti dell’Amato.

Non pare estraneo che anche l’oratoriano don Girolamo Monte sia stato coinvolto; erano progetti che portavano il viceré (cui dopo i fatti di Messina si «[…] richiese l’uso di tutti gli strumenti di persuasione […]»7 ivi compresi quelli della propaganda) a lasciar memoria del suo mandato attraverso la produzione di opere letterarie ed iconografiche, la Galleria dei viceré, l’Historia cronologica delli signori Viceré di Sicilia8 e, nel nostro caso, l’incarico di mettere «[…] in prospettiva, le principali Città della nostra Sicilia, e tutto ciò, ch’in questa di Palermo ci è di vago; e di magnifico in genere d’Architettura […].» da collegare all’esecuzione d’alcune tavole del Teatro geografico9.

Quanto detto offre spunto per annotare come il filippino10 sia stato visto quale possibile autore de’ La Processione dell’urna di Santa Rosalia (Fig. 4), l’interessante tela sivigliana sulla quale è ritornata l’attenzione degli studiosi in occasione della mostra tenutasi presso Palazzo dei Normanni11. Il pittore, che rappresenta monumenti anche di recentissima realizzazione, conosce carte di progetto, come quelle delle amatiane chiese del San Salvatore provvisto del portale poi non realizzato e del San Giuliano, del quale non si intravede la maestosa cupola descritta da Gaspare Palermo12.

Francisco de Benavides y Dávila, viceré di Sicilia, è direttamente interessato anche al progetto d’innalzare a Messina il monumento a Carlo II13 dopo la rivolta antispagnola del 1674-78 e la sottomissione della città, commissionato al ventitreenne Giacomo Serpotta nel 1679, posto sulla piazza del duomo nel 168414, che coincideva con un evento di assoluta importanza: il 19 novembre 1679 il re era convolato a nozze con Maria Luisa di Borbone-Orléans. Pietro Maggio ne’ Le guerre festive…, (Figg. 56) auspica «[…] che s’apran le porte ad una Reale, e lungamente desiderata successione.[…] felicissima Prole.».

«I numerosi cavalli che ricorrono in queste incisioni […] ricordano il pingue animale del messinese monumento equestre a Carlo II […]15» scrivevo, alludendo ad un possibile concorso del ciminnese. «E se si è suggerito […] un viaggio romano del giovane modellatore […], che avrebbe fatto sì che il […] messinese trovasse illustre precedente in quello del Costantino berniniano della Scala Regia, sulla scorta del modellino del Museo Pepoli di Trapani16 e d’altro bronzetto dorato, pur esso attribuito al Serpotta17, non appare peregrino pensare al monumento equestre a Filippo IV in Madrid, eseguito tra il 1634 ed il ’40 da Pietro Tacca […].» (Fig. 7)18, anticipato nell’ardita postura del cavallo, che qui poggia solo sulle zampe posteriori, dal monumento all’arciduca Leopoldo, di Kaspar Gras ad Innsbruck (1623)19 (Fig. 8). Alla precoce collaborazione tra l’Amato ed il Serpotta20 è da riferire anche la cornice del quadrone con S. Gregorio Magno (Fig. 9) nella ciminnese cappella Libera Inferni (1680)21. «Non solo tecnica, lessico, ritmo compositivo, temi ornamentali, spunti allegorici ed iconologici di colta matrice classica, complessità inventiva, anticipano le targhe commemorative disegnate dall’Amato e, fra putti e drappi, i giocosi divertissement del palermitano.»22.

Noti la parentela tra il Serpotta e il Travaglia non nuovo ad operare con l’Amato, i legami del Guercio con Ciminna23 e la conoscenza con lo scultore, assistente del Quaranta nel 1665 quando al ciminnese viene affidato l’incarico per gli apparati illustrati ne’ Le solennità lugubri e liete…, la presenza dal 1672 nell’ufficio di coadiutore dell’architetto del Senato tenuto dal 1667 dal Guercio (†1679), poi da Carlo d’Anselmo e dal Travaglia dall’81, è ipotizzabile che don Paolo, non distante dalla cerchia di artisti che ruota intorno alla corte vicereale attratta dall’esigenza di utilizzare le persuasive capacità dell’arte, non solo sia tra i fautori del Serpotta ma, “dietro le quinte” abbia dato suggerimenti, se non essere responsabilizzato della conduzione del progetto. D’altro canto, i due mantennero lunghi rapporti e l’evoluzione del Serpotta può aver attinto dalla teatralità degli apparati amatiani, dall’interesse al classicismo che, come la cerchia degli intellettuali vicini all’Accademia, manifestava.

«Ridotta già Messina all’obbedienza […];», annota l’Auria, «restava che si alzasse […], un eterno simulacro del re signore. Questo già son due anni che si cominciò in Palermo nella regia fonderia; e come opera di gran fatica e spesa non ordinaria, si ricercò che si dasse ai più esquisiti maestri di quest’arte. Tanto ordinò il signor D. Giovanni Retana, conservatore di Sua Maestà. […] doppo diversi disegni e varie osservazioni […], si fece il primo abbozzo in cera, poscia in creta, ed indi in metallo […]. È la detta statua […], fatta di bronzo; e con ammirabile artificio rappresenta il nostro re Carlo secondo, tutto vestito d’armi, col suo toson d’oro al collo, e sopra di esso la croatta, tenendo alla destra il baston di comando ed alla sinistra il freno, che lo regge sedente sopra un feroce cavallo, con le zampe rampanti in alto, con le sue gambe coperte di stivali sino al piede, che con lo sprone sta dentro le staffe; essendo il destriero coperto d’una sella freggiata di varii delicàti intagli, e sua coperta anco di dietro adornata di diverse figure  di persone incatenate, trofei di spoglie nemiche, e così di scudi, corazze, lancie e bandiere legate insieme.»24. Gli fa eco il contemporaneo Mongitore annotando come «a 17 detto (marzo 1684 venerdì). Si fondò la statua di bronzo del re di Spagna Carlo II, nostro signore […]» il quale vi è raffigurato stante «[…] sopra un bizzarro destriero con le zampe alzate, ornato di freno e panneggio d’industrioso lavoro, è il re vestito d’armi bianche e scettro alle mani.»25; a quanto riferito dai due, che vedono la statua prima del suo imbarco per la città dello Stretto, aggiungerà ulteriori dettagli il Di Blasi: «Rappresenta essa statua il re suddetto a cavallo, i cui piedi di dietro posano sopra un piedestallo, e quelli d’innanzi stanno rampanti in aria, come se calpestassero un’idra, che sta sotto. Tiene con la sinistra le redini del suo destriero, e colla destra il bastone del comando […]. È vestito di usbergo, e porta al petto il toson d’ oro. La sella, su cui trovasi montato, è lavorata con varii geroglifici, dove vedonsi incatenati  molti prigionieri, e varii trofei tratti da’ nemici.»26.

I bronzetti (Figg. 10111213] si differenziano per dettagli decorativi anche con riferimento al disegno del Teatro geografico (Fig. 14), alla minuscola incisione nel ms. di Auria e a quella nel Teatro eroico…, del Parrino. Il trapanese sulla «sella […] e sua coperta» reca «varii geroglifici» fogliacei l’altro, sulla groppiera, lo stemma “piccolo” di Carlo II (Castiglia e Leon mancante della melagrana – Granada -) ed uno con due lupi passanti l’un sull’altro, alla croce uscente da fronde d’albero, e la scritta Vizcaya. Questo suscita curiosità circa le azioni di don Giovanni Retana (de Vizcaya), «[…] promosso del Signor Conte d’Ayala Viceré nel carico di Senatore della Città di Palermo nel 1661» ricordando come «nel Teatro nel piano del Regio Palazzo eretto nella sua carica, vi è scolpito trà l’altri il suo nome […].»27, poiché «L’arme di questa Casa Retana, sono sette pegni d’oro in campo rosso, e nel canto sinistro un’albero verde con due Lupi d’oro appoggiati à quello in campo rosso, che sono l’arme di Biscaglia.»28.

Quanto annota l’Auria e questo stemma, lasciano pensare ad una iniziale gestione del Retana che, quale regio conservatore, conferisce gli incarichi «[…] ai più esquisiti maestri di quest’arte.». È dettaglio che induce ad anticipare la datazione del pezzo inglese. Se poi si confrontano, emergono ulteriori varianti, elementi non secondari, documentati sulla scorta di quanto ne scrivono l’Auria, il Mongitore, il Di Blasi.

Non documentata l’autografia dei bronzi di Trapani e Londra, palese la diversità di mano, «Sorge […] il sospetto che entrambi […] siano in realtà dei regali per la corte, ovvero dei souvenir realizzati da calchi che consentivano la riproducibilità e la portabilità dell’oggetto […],»29. In tale ottica, insorta già agli inizi del ’900 ed a cui cercarono di dar esito il Salinas ed il Sorrentino, si sarebbe indotti a vedere il londinese commissionato dal Retana che lo personalizza introducendovi gli stemmi ma, perché non si trovano in Spagna? E poi, se sono “copie” possono essere così tarde o, come nel messinese, successivamente fu tolto quell’odioso mostro?

«Il viceré conte di Santo Stefano diede incarico all’ingegnere Scipione Basta del disegno della piazza nella quale aveva stabilito di collocare il monumento […]» (Fig. 15) scrive il Sorrentino30. Il podio e il suo “recinto” prendevano le mosse (su suggerimento del Retana?) dal monumento a Filippo IV eretto nei primi anni Sessanta a Palermo.

Il 16 febbraio 1682 Michelangelo Tilli, presente a Messina, osservava «[…] un bellissimo piedistallo quadrato di marmo, come ancora un balaustrato, figure a scalini posti intorno per maggior adornamento; accosto all’ultima scalinata vedonsi quattr’angeli posti in egual distanza, i quali oltre alla mostra che fanno i primi due situati in faccia al Duomo, additano in un’aquila che divora un’idra con sette teste fatte di bassorilievo. Nella parte opposta […] un leone parimenti in atto di uccidere l’idra. […] Sopra ogni angolo di essa è posta un’aquila, la prima tiene in bocca una corona, la seconda uno scettro, l’altra un pugnale e l’ultima sostiene, pare a me, il fusto di un arco […],»31.

Una tavola del Teatro geografico antiguo y moderno, (lám. 22) riproduce il monumento32 ma, al di là dell’aggiunta spada che il re porta al fianco, sottostante l’impennato cavallo non figura l’idra33 forse non prevista all’approccio progettuale; pertanto, ipotizzato un primo intervento del Retana, indi del Benavides, a quest’ultimo è da riferire il reiterare quella figura che ben rappresentava i messinesi come male assoluto. Il foglio34 restituisce un primo grafico di progetto in cui ricorrono parte degli elementi rilevati dal Tilli35 e dall’incisione del Sicuro; riporta poi due iscrizioni, una delle due note all’Auria datata al 1680 (che la dice stesa a Messina – certo da “fedeli” letterati -) ed un’altra, di contenuto diverso da quella poi appostavi nell’80 e dettata dal Li Bassi36.

Sulle iscrizioni del disegno si sofferma Nicola Aricò: «Per prima si legge quella legata alla commissione dell’opera, dunque al tradimento dei messinesi, e reca la data del 1680. Segue, per acuire il contrasto, la lode che Filippo IV aveva rivolto alla città di Messina quando, nel 1648, durante i moti di Napoli e Palermo, era rimasta fedele alla corona.» e, con richiamo ai versi che accompagnano le tavole geografiche, sottolinea come «sotto la seconda iscrizione […] l’anonimo, estensore delle citazioni classiciste, con grafia da appunto non poteva rinunciare all’ennesimo – il sesto – verso virgiliano tratto dall’Eneide: “Tantum ævi longinqua valet mutare vetustas!”»37. Quest’ultima è trascrizione di una delle due epigrafi affiancate al portale del duomo che i messinesi avevano «affissata nella piazza di Santa Maria» nel maggio del 164838; tutto ciò induce a scavare – non più di tanto – nelle non occulte motivazioni del committente del Teatro. E se l’osservazione sul ruolo del Retana e del Benavides va approfondita, la diversità degli esiti appare ulteriore conferma per datare il disegno madrileno ad anni precedenti la ricognizione del Tilli, quando l’opera marmorea era ancora sulla carta39. La semplicità delle bardature nel bronzetto del Pepoli testimonierebbe di una diversa azione “politica” al subentro del Benavides, di direttive madrilene.

Sulla scorta del disegno spagnolo, della testimonianza del medico toscano, alcune considerazioni. Le volute addossate ai pilastrini degli spigoli del plinto (sulle cui spire inferiori siedono angeli), l’aquila più volte ripetuta sulle facce rivolte ed opposte al duomo, il binomio aquila-idra, idra-leone (e nella versione definitiva sull’alto basamento l’inedita coppia cavallo-idra o, re-idra sempre volta alla chiesa o forse alla torre), l’impianto ottagonale che si slarga al crepidoma, alla balaustra, con il loro carico simbolico, come nel monumento palermitano sul Piano di Palazzo, appaiono elementi congeniali al lessico amatiano40.

Le proporzioni del basamento restituiteci dalla tavola del Teatro geografico, un po’ distorte nell’incisione del Sicuro (ca. 1768), che indurrebbe a credere mutato lo schema volumetrico del podio, vengono confermate da un’incisione pubblicata dal Sorrentino, da un’acquatinta edita a Milano da Ferdinando Artaria e dall’acquaforte del Pistolesi41, che inquadrano il monumento dal fianco opposto e, a parte i restauri posteriori al terremoto del 1783, lasciano vedere come, oltre all’idra sottostante il cavallo, i rilievi e le epigrafi sulle facce del plinto, fosse stata eliminata anche la sistemazione del recinto.

Che poi nella versione definitiva del gran cavallo che coinvolse gli ambienti di governo tra Palermo e Madrid che ne definirono le strategie rappresentative che artisti e letterati tradussero coi segni delle loro arti, fossero scomparsi attributi particolari, trovava senso nella ragion di stato: era la Spagna e la sua monarchia, in quel momento, a vincere su Messina e, soprattutto, contro la Francia, l’eterna nemica. Questo induce a pensare come il pezzo del Pepoli sia più vicino al bronzo definitivo, anche se realizzato con maggior ricchezza decorativa; quanto alla sella, si fregiò «[…] di varii delicàti intagli, e sua coperta anco di dietro adornata di diverse figure di persone incatenate, trofei di spoglie nemiche, e così di scudi, corazze, lancie e bandiere legate insieme.» così che, anche nei particolari, il monumento ben rappresentasse il non occulto “messaggio” ai Messinesi.

Il problema iconologico-iconografico seguiva l’azione distruttiva del palazzo di città, della campana del duomo, estesa alle istituzioni, alle memorie sacre e civili dei messinesi. L’idea di un messaggio forte maturò con pervicacia con le chiare lettere delle epigrafi, attraverso i simboli che l’erudita schiera di letterati, di artisti, a servizio di una società che affidava alle immagini messaggi immediatamente decodificabili era adusa ad elaborare.

L’aspra e mai sopita rivalità tra Messinesi e Palermitani, tra Fucinati e Riaccesi, vera e propria “rissa” come la definisce Giuseppe Lipari42, sfociata da tempo nella produzione di scritti polemici o più scopertamente politici, fece la sua parte43. Ad captandam benevolentiam, L’Idra decapitata…, dedicata All’Illustrissimo Senato della Citta di Messina unico, ed antichissimo capo del Regno di Sicilia di Placido Reina, sotto lo pseudonimo d’Idoplare Copa, Accademico Cifrato, era uscita a Vicenza nel 166244, rincarando l’astio del Samperi45 nel ricordare ancora la fedeltà dei messinesi durante le rivolte del 1647-48 che a Palermo, di contro, avevano visto le gesta di Giuseppe d’Alessi, giustificando poi l’inserimento dell’epigrafe del duomo, e la virgiliana considerazione a margine, nella tavola del Teatro geografico.

È proprio durante l’elaborazione del monumento che al Reina risponde Francesco Angelo Strada con Le glorie dell’aquila trionfante, dedicata All’Illustrissimo Senato della felice e fedelissima città di Palermo, uscita in città nel 1682 per i tipi di Pietro Coppula stampatore camerale46.

A parte le due epigrafi che vi figureranno, gli apparati iconografici rappresentano il vero contrappasso: l’idra messinese atterrata dall’aquila palermitana, cui si aggiunge il regale leone a sbranare il mostro e, infine, lo stesso sovrano.

Anche per ciò «In definitiva – parafrasando la Di Fede – è difficile pensare che […] un personaggio come Paolo Amato potesse risultare totalmente estraneo ad un’operazione così prestigiosa […], è del tutto plausibile che il più grande ideatore di apparati decorativi, effimeri e non della capitale, ma soprattutto grandissimo esperto delle tecniche della rappresentazione […], abbia prestato le sue raffinate competenze alla complessa elaborazione dell’opera» messinese.

Se il monumento serpottiano pare preso a modello per successivi ritratti equestri di Carlo – è il caso del Luca Giordano del Prado (ca 1694) dove gli “infedeli” atterrati sostituiscono l’idra sotto l’imbizzarrito cavallo – è stato posto fin dai primi studi il quesito circa le fattezze del re che il Serpotta avrebbe dovuto effigiare e, a parte l’ovvio riferimento all’iconografia monetale, su altra fonte da cui le avrebbe cavate47. In ambito siciliano non sono pervenuti (per quanto mi è noto) ritratti scultorei o pittorici del sovrano anteriori all’esecuzione del bronzo messinese, ma ne resta memoria. Gaspare Palermo, illustrando le vicende del distrutto claustro di teatine presso l’amatiana chiesa di S. Giuliano, accenna a come «Fu questo Monistero nel 1680 ricevuto dal Re Cattolico Carlo II, sotto la sua reale protezione […]; onde sopra la porta del parlatorio a 6 ottobre 1680 fu eretta una statua […]. Nel piedistallo […] si legge. –Carolus II Rex Protector et Patronus.-»48, nota al Manganante49, che ne lasciò memoria in uno schizzo (Fig. 16) dove sembra essere raffigurato ancora infante, lasciando ipotizzare come fosse stata riutilizzata una precedente scultura.

Esigua è la produzione calcografica. Si ricorda il ritratto, non firmato né datato, dell’Acclamatione reale e publica … per lo suo augusto, e cattolico re Carlo II, uscito a Palermo nel ’66 per i tipi del Colicchia (traduzione di adèspoto edito nel ’65 a Madrid50) dedicata Á la E.ma Señora Duq.sa de Sermoneta Virreijna de Siçilia…, dove il sovrano è rappresentato infante e che le annotatrici citano a proposito di quanto scrive il Gallo nel breve appunto su Domenico Ferruccio tra le sue Notizie intorno agli incisori siciliani…: «Incise il ritratto di Carlo 2° re di Sicilia. […]» precisando: «Tengo questa notizia dal sig. D. Lazzaro di Giovanni che ne ha veduto il ritratto» e come «Nell’incisione sta scritto il nome dell’autore Ferrucius51 (Fig. 17). Altro ritratto in capo all’antiporta, siglata P.A. del., del De statu hominum in republica… di Francesco Risicato, dedicata al viceré Claudio Lamoral principe di Ligne, uscita a Palermo nel ’73 con un’immagine consona all’età di Carlo 52 (Fig. 18).

Del Ferruccio conosco ad oggi due ritratti del sovrano uno, autografato Ferrucio sc. l’altro, Dominicvs Ferrucio D.D.D. sotto al quale, corre l’iscrizione Regiis Consiliariis Patrimonialibvs, raccolti dall’Auria che, vi annota «Panormi impressa» 53 (Figg. 1920). Dei due, uno è verosimilmente inciso in tempi prossimi alla successione al trono (il sovrano vi è rappresentato coronato) e si caratterizza per l’inserimento della figura dell’Immacolata e la presenza, inframmezzata alla didascalia, dell’arme di don Giovanni Roano e Corionero arcivescovo emerito di Cefalù (1660 -1673), dove nel 1670 aveva eretto in duomo la cappella della Concezione, come ricordavano le epigrafi trascritte dal Del Giudice, in una delle quali si ossequia il regnante54; qui però il Roano è qualificato arcivescovo di Monreale (1673-1703)55 e resta da chiarire quest’ulteriore ossequio del prelato, la cui fedeltà alla Corona e prodigalità è messa in evidenza dalla biografia stesane dal benedettino. Difficile datare la stampa, forse impressa quando guidava la diocesi di Cefalù, come lascerebbero pensare la figura della Vergine o la desumibile età del regnante e, soprattutto, la “forzatura” dell’epigrafe, riscritta dopo aver molato la lastra. Plausibile che i rami siano tratti da esemplari pittorici; per il primo, dove la postura e la strana testa in basso a destra ricorda quella di un leone che sorregge un massiccio tavolo come in più ritratti dello stesso Carlo eseguiti da Juan Carreño de Miranda, penso ad un dipinto presso il Roano; per quanto al secondo, immagino la calcografia come parte di un carteggio reso pubblico da sede istituzionale; qui la presumibile età dell’effigiato lo data a tempi prossimi all’esecuzione del bronzo messinese.

Nei luoghi del potere, negli edifici religiosi, nelle cammare della nobiltà, si esponevano ritratti del sovrano56, concordemente alla politica di onnipresenza visiva della maiestas praticata dalla Corona. La notizia fornita al Gallo dal Di Giovanni, esperto conoscitore, rivela l’esistenza a Palermo di un ritratto del sovrano (forse un dipinto) ancora tra Sette ed Ottocento; l’incisione citata dal Gallo potrebbe essere altro esemplare di quella con l’epigrafe del Roano, visto che non accenna al manoscritto dell’Auria.

  1. Teatro geografico antiguo y moderno del Reyno de Sicilia (1686), Archivo General y Biblioteca del Ministerio de Asuntos Exteriores y de Cooperación, ms. 3, Madrid, pubblicato in V. Consolo, C. De Seta, Sicilia teatro del mondo. Roma 1990, pp. 179-332.[]
  2. M.S. Di Fede, Carlos Castilla e il Teatro geografico antiguo y moderno del Reyno de Sicilia (1686). “Lexicon”, n. 7/2008, pp. 61-65.[]
  3. V. Manfrè, Ida Mauro, “Rievocazione dell’immaginario asburgico: le serie dei ritratti di viceré e governatori nelle capitali dell’Italia spagnola.”, in Giuseppe De Vito, Ricerche sul ’600 napoletano. Saggi e documenti 2010-2011, Napoli 2011, pp. 107-135 [122-127].[]
  4. G.M. Polizzi, L’ argonaue riposta in cielo solenni esequie celebrate all’eccellentissima signora di Solera…, pubblicato con Giovanni Pellegrino Turri, L’apologia della morte. Orazion fvnebre…, Palermo 1685, con dedica a don Francisco de Benavides.[]
  5. V. Manfrè, “La Sicilia de los cartógrafos: vistas, mapas y corografías en la Edad Moderna.” in “Anales de Historia del Arte” 2013, Vol. 23, Núm. Especial, pp. 79-94 http://dx.doi.org/10.5209/rev_ANHA.2013.v23.41903 pp. 79-94 [92-93], suppone come uno degli autori possa essere il pittore savocese Filippo Giannetti.[]
  6. Tratto dell’anonima antiporta in F.M., De chocolatis potu diatribe…, Roma 1664, della quale si hanno esemplari in controparte (Roma 1672).[]
  7. V. Manfrè, I. Mauro, Le Gallerie cartacee dei ritratti dei viceré e governatori spagnoli in Italia (XVI-XVII secolo)., in http://www.enbach.eu/en/essays/revisiting-baroque/mauro.aspx, 2014 [DOI code: 10.14615/45]. Visitato il 26.10.2018. S.B. Sineni, Catalogo de’ titoli del Regno di Sicilia…, Palermo1680, forse autore del Catalogo di titoli del regno di Sicilia…, BCPa, ms. Qq.C.21 ff. 34r-43r.[]
  8. M.S. Di Fede, Carlos Castilla e il Teatro geografico…, 2008, p.64. L’opera commissionata all’Auria uscì in Palermo nel 1697.[]
  9. Naturale dargli le illustrazioni di monumenti. Ipotizzava l’intervento del Monte V. Manfrè, Imagenes urbanas y coleccionismo geográfico en la Sicilia de Edad Moderna, Tesi di dottorato, Universidad Autónoma de Madrid, 2014, 2 voll., inedito fornitomi dall’A. dopo aver letto questo scritto.[]
  10. Il Monte è autore della Dichiaratione dell’altare eretto dal Collegio della Compagnia di Giesu in Palermo nella sollennità di s. Rosalia l’anno 1685… consecrata all’eccellentissimo signor viceré di Sicilia… Palermo 1686, conferma delle capacità, dei buoni uffici presso gli eruditi e la corte vicereale.[]
  11. D. Sutera, “Architettura dipinta. Prospetti chiesastici di Palermo in un quadro della collezione Alba di Siviglia.”, in Ecclesia Triumphans, architetture del barocco siciliano attraverso i disegni di progetto, XVII-XVIII secolo, a cura di M.R. Nobile, S. Rizzo, D. Sutera, Palermo 2009, pp. 72-75.  S. Piazza, “I palazzi del Seicento a Palermo in una raffigurazione pittorica della Collezione Alba di Siviglia.”, in “Lexicon”, n. 10-11/2010, pp.41-48 V. Manfrè – M. Martín Velasco, “La corte virreinal siciliana del IV Duque de Uceda en Sicilia (1687-1696).”, in En tierra de confluencias: Italia y la Monarquía de España: siglos XVI-XVII editores, C. Bravo Lozano y R. Quirós Rosado. Valencia 2013, pp. 61-79, lo indicano come possibile autore della Processione dell’urna di S. Rosalia segnalando rapporti con il de Uceda che possedeva «dodici rametti di un palmo con vedute di Roma fatti da don Girolamo Monte Siciliano». Più recentemente in Rosalia eris in peste patrona, a cura di V. Abbate, G. Bongiovanni, M. De Luca. Palermo 2018.[]
  12. G. Palermo, Guida istruttiva per potersi conoscere … tutte le magnificenze … della Città di Palermo. Palermo 1816, Quarta giornata, pp.121-122. G. Cangialosi, Ricordando la chiesa ed il monastero di S. Giuliano delle Teatine, pubblicato il 25 luglio 2015 sul blog de’ lagazzettapalermitana.it.[]
  13. È stato supposto come tramite per la commessa Diego Benavides Aragona, figlio del viceré, rettore della Compagnia della Carità nel cui oratorio Giacomo aveva lavorato fin dal ’79. G. Mendola, “Per una biografia di Giacomo Serpotta.”, in S. Grasso, G. Mendola, G. Rizzo, C. Scordato, V. Viola, Giacomo Serpotta, un gioco divino, Caltanissetta 2012, p. 20.[]
  14. Idem, Per una biografia…, 2012, pp. 20-21, ritiene, come l’incarico al Serpotta riguardi solo il modello e, come la precedente storiografia, autografo il bronzetto trapanese.[]
  15. A. Mongitore, Diario palermitano…, (Tomo I) BCPa. ms. Qq.C.65, pp.35-36. V. Auria nel suo Diario in Gioacchino Di Marzo (a cura di), Biblioteca storica e letterara di Sicilia. Diari della città di Palermo. vol. III, Palermo 1869, V, passim, e VII, Palermo 1870, pp. 196-200; G.E. Di Blasi, Storia cronologica de’ viceré, luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia. Palermo 1842, p. 423. Prima edizione, Palermo 1790.[]
  16. A. Salinas, “Di un bozzetto del monumento messinese di Carlo II modellato da Giacomo Serpotta.”, in “Archivio Storico Siciliano”, n.s. VII, 1883, pp. 383-490. Idem, “Aggiunta all’articolo sulla Statua di Carlo II modellata da Giacomo Serpotta.”, in “Archivio Storico Siciliano”, anno IX 1884, pp. 241-243. A. Sorrentino, “Un bozzetto di Giacomo Serpotta nel Museo di Trapani.”, in “Bollettino d’Arte”, VII,1913, pp. 381-382.[]
  17. Il pezzo è stato presentato (2013) dalla galleria d’arte Tomasso Brothers di Londra alla mostra antiquaria del The European Fine Art Fair di Maastricht, http://reinadodecarlosii.blogspot. it/2013/10/ nueva-estatua-de-carlos-ii-obra-de.html. accesso 15 gennaio 2017. V. Manfre, “La Sicilia de los cartógrafos: vistas, mapas y corografías en la Edad Moderna.” in Anales de Historia del Arte 2013, Vol. 23, Núm. Especial, pp. 79-94 http://dx.doi.org/10.5209/rev_ANHA.2013.v23.41903., p. 90 nota 38 richiamando F. Meli (Giacomo Serpotta: vita ed opere, vol II di Secondo centenario della morte di Giacomo Serpotta, Palermo 1934, p. 235) e D. Garstang (Giacomo Serpotta e i serpottiani: stuccatori a Palermo 1656-1790, Palermo 2006). «Giacomo Serpotta realizó tres bocetos del monumento ecuestre de los cuales solo uno nos ha llegado y se encuentra en el Museo Pepoli de Trapani, mientras que en 1684 Andrea y Gaspare Romano ejecutaron la fusión en bronce.». Ringrazio il fotografo Antonello Dellanotte per l’immagine del monumento madrileno a Filippo IV.[]
  18. A. Anzelmo, “Paolo Amato, siciliano di Ciminna architetto del Senato di Palermo con una nota introduttiva di Maria Clara Ruggieri Tricoli.” Vol II di Estetica e retorica del barocco in Sicilia a cura di V. Mauro. Ciminna, 2017 pp. 213-214. Sui ritratti di Carlo II e il monumento messinese, Á. Pascual Chenel, “Carlos II en imágenes: los retratos escultóricos del último Habsburgo español.”, in Carlos II y el arte de su tiempo. Fundaciòn Universitaria Española 2013, pp.157-217 [164-192] et Idem, “Sebastián de Herrera Barnuevo y los retratos ecuestres de Carlos II durante su minoría de edad, fortuna iconográfica y propaganda política.”, in Reales Sitios: Revista del Patrimonio Naçional, nº 182, 2009, pp. 4-26.[]
  19. Fuso da Heinrich e Friedrich Reinhart dal 1627 al ’30; ringrazio la D.ssa Veronika Sumerlechner della Università del Tirolo e Biblioteca Statale, per le utili notizie e per l’immagine fornitami. Ripreso da G. Lentini nel ritratto del viceré Sermoneta, in F. Cammarata, Responsa legalia…, Palermo 1665.[]
  20. P. Palazzotto, “Tradizione e rinnovamento nei primi apparati decorativi barocchi in stucco di Giacomo Serpotta a Palermo (1678-1700).”, in M.C. Di Natale – M. Vitella (a cura di), Arredare il sacro. Artisti, opere e committenti in Sicilia dal Medioevo al Contemporaneo. Milano 2015. Nonché i diversi studi qui citati.[]
  21. F. Meli, “Pitture e sculture inedite delle chiese di Ciminna.”, in Arte Cristiana n. 535 (marzo-aprile 1966), p. 97 dove scrive come non sia «[…] improbabile <che il Serpotta> sia stato chiamato in questa Matrice di Ciminna sulla fine del Seicento per eseguire la decorazione a stucco della cornice […] presso l’ingresso della primitiva sagrestia.».[]
  22. A. Anzelmo, Ciminna Materiali di Storia tra XVI e XVII sec. Ciminna 1990 pp.124-126  et Idem, Paolo Amato siciliano…, 2017, p. 91, nota 30 «I drappeggi agli estremi del corto inferiore, sono identici a quelli della cornice laterale dex. della cappella di Santa Caterina al Carmine Maggiore in Palermo.». All’ambiente del Serpotta è da ricondurre il rimaneggiamento dell’apparato livolsiano della cappella voluto nel 1680 dagli zii dell’Amato che ne godevano patronato.[]
  23. Vi era stato chiamato nel ’39 ad eseguire stucchi nella cappella dell’Immacolata in S. Francesco d’Assisi, patronato del bisnonno di don Paolo. Nel 1611 Vincenzo Guercio aveva eseguito per la cappella del canonico Di Bartolomeo, zio di don Santo Gigante, l’ultima sua opera. Don S. Gigante Repertorio delle cose più notabili successe in diversi tempi., Palermo, Biblioteca Francescana ms. 33 c. 46v. Antonino Mongitore, Palermo divoto di Maria…, Palermo MDCCXX, tomo II, p.110.[]
  24. V. Auria, Diario…, delle cose occorse nella città di Palermo…, in Biblioteca storica e letterara di Sicilia…, 1870, vol. VI (1684. Maggio), pp. 195-200 [96]. Ed in nota il Di Marzo: «Lo stesto Auria […], nota che tale statua fu ridotta finalmente alla sua ammirabile perfezione per opera e studio dell’ingegnoso artefice Giacomo Serpotta […], e di D. Gaspare Romano pur di Palermo.», con riferimento a V. Auria. Historia cronologica delli signori viceré di Sicilia… dall’anno 1409. sino al 1697…, Palermo 1697, pp. 178-179, dove non riferisce della spada al fianco del sovrano, né dell’idra sottostante il cavallo che a quest’epoca vi figurava. I cenni all’abbigliamento reale, ricordano la Descrittione della statua…, di Filippo IV data da F.A. Strada, Dichiaratione del nuovo theatro che l’illustrissimo Senato di questa felice citta di Palermo drizzo alla invittissima Maesta del re Filippo 4…, Palermo 1663, pp.84-104; gli elementi della sella e sua coperta, i trofei di una delle tre serie di cornici delle tavole de’ Le guerre festive…, o il poggio della S. Rosalia Trionfante. Un’incisione in V. Auria, Spicilegio storico di varie cose di Sicilia o non trattate da altri, o di nuovo ritrovate (tomo III) BCPa. ms. Qq.C.16.cit. f. 3r. restituisce il gran cavallo.[]
  25. A. Mongitore, “Diario palermitano.”, in Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, a cura di G. Di Marzo, vol. 7, Palermo 1871, p. 33.[]
  26. G.E. Di Blasi, Storia cronologica de’vicerè, luogotenenti, e presidenti del Regno di Sicilia…, Palermo 1790-1791 p.423, «Oggi […] non esiste che la sola e nuda statua; l’Idra, e la iscrizione suddetta non più si vedono». Á.P. Chenel, El retrato de Estadi durante el reinado de Carlos II. Imagen y propaganda. Fundación Universitaria Española. Madrid 2010.[]
  27. Epigrafi in F.A. Strada, Dichiaratione del nuovo theatro che l’illustrissimo Senato di questa felice citta di Palermo drizzo alla invittissima Maesta del re Filippo 4…, Palermo 1663. pp. 60-73 [62].[]
  28. F. Mugnos, Teatro genologico delle famiglie illustri…, di Sicilia ultra, e citra. Parte Terza. Libro VIII. Messina 1670, pp. 200-202, che annota: «[…] scrive Juan Baseo nella Cronica di Biscaglia le seguenti parole. La Casa Retana de Vizcaya tuvo grandes juntamentos con las Casas Abendaño, de Zeltona, de Villalela, de Zumelzo, de Yarza, de Lezama, de Mezeta, y de Albis todas hydalgosas.». Un Giovanni Retana fu arcivescovo di Messina (1569 – † 1582). F.A. Monforte, L’anno della grazia discorso per S. Rosalia…, Palermo1662, tra i senatori cui il volume è dedicato, il Señor don Iuan de Retana Sotelo, y Manso.[]
  29. D. Sutera, “I monumenti ai sovrani spagnoli in Sicilia nella seconda metà dei Seicento: il caso di Filippo IV a Palermo e di Carlo II a Messina.”, in M. Gómez-Ferrer, Y. Gil Saura (Eds.), Ecos culturales, artísticos y arquitectónicos entre Valencia y el Mediterráneo en Época Moderna. Univeritat de València, Departament d’Història de l’Art, Cuadernos Ars Longa, numero 8, 2018, pp. 161-184, che metterebbe in dubbio l’attribuzione al Serpotta anche per il bronzo del Pepoli.[]
  30. A. Sorrentino, Un bozzetto di Giacomo Serpotta…, 1913, pp. 381-382; S. Grasso, “Giacomo Serpotta e gli architetti progettisti.”, in S. Grasso, G. Mendola, C. Scordato, V. Viola, Giacomo Serpotta. L’oratorio del Rosario in Santa Cita, Euno Edizioni, 2015, p. 39 scrive come «[…] Scipione Basta <sia il> progettista del monumento equestre a Carlo II […]» ma non è chiaro se il riferimento vada anche al disegno del bronzo o solo al basamento.[]
  31. In A. Sorrentino, Un bozzetto di Giacomo Serpotta…, 1913, pp. 382, 383 e in Á.P. Chenel, “Carlos II en imágenes: los retratos escultóricos del último Habsburgo español”., in Carlos II y el arte de su tiempo. Fundaciòn Universitaria Española 2013, pp.157-217 [164-192]. p. 174. che richiamano, G. Arenaprimo, “Due lettere di Michelangelo Tilli.”, in, “Archivio storico messinese”, A. 1, fasc. 1, 1900, pp. 85-86.[]
  32. Da qui la trae D.A. Parrino, Teatro eroico, e politico de’ governi de’ viceré del regno di Napoli…, Napoli 1694, T. III tav. pp.508-509 (opera promossa dal Benavides durante il mandato viceréale partenopeo), presenta varianti: Carlo è rappresentato con intera armatura a placche, drappo svolazzante, senza spada; il cavallo, criniera al vento, privo di groppiera; da qui F.M. Emanuele e Gaetani, Opuscoli palermitani. BCPa ms. Qq.E.86, f. 60r.[]
  33. Sul materiale con cui fu eseguita l’idra solo ipotesi; le sette teste non potevano non esser innalzate in varie direzioni, verosimile che fosse in bronzo e fusa in separato pezzo ma, anche se in marmo non interferiva con il fssaggio del gran cavallo.[]
  34. Delineato antecedentemente all’82 da don Girolamo Monte? Qui l’animale, diretto verso sinistra, espone su questo lato la ricadente criniera mentre nei bronzetti scende a destra.[]
  35. Le aquile in testa agli spigoli del plinto non portano alcun attributo.[]
  36. V. Auria, Diario…, in Biblioteca storica e letterara di Sicilia…, vol. VI, pp. 196-198, ne riporta il testo. Sul Libassi, A. Mongitore, Biblioteca sicula…, T. II, cit. p.287. Secondo la testimonianza del Tilli «In due parti dello stesso piedistallo leggesi una stessa descrizione» (?).[]
  37. N. Aricò, Carlos De Grunenbergh e le città ioniche del Teatro geografico antiguo y moderno del reyno de Sicilia (1686), in “Lexicon” n. 7/2008, pp. 23-36.[]
  38. Ne dà sdegnata notizia V. Auria. “Diario…,” in Biblioteca storica e letterara di Sicilia…, cit. vol. III, pp. 307-308. Idem, Il martello di Claudio Mazzeo per la marmorea inscrittione, eretta dal pubblico di Messina nel Piano di Santa Maria, l’anno 1648 in falsa offesa della felice città di Palermo, capo, e metropoli della Sicilia. Ancona 1649. Sulle epigrafi del duomo, S. Bellinghieri, Il Portale maggiore del Duomo di Messina: storia e iconografia. Messina, Di Nicolò 2009. cui accenna anche P. Lombardo, Le targhe della memoria della città di Messina. Messina 2013, p.13.[]
  39. Come per la Processione dell’urna di S. Rosalia della Collezione Alba di Siviglia, il pittore (Girolamo Monte?), conosce autori e progetti. Di un Girolamo Monti, attivo nel 1640, che illustrò gli Epigrammata…, di Antonio Veneziano (1646), fa cenno A. Gallo, Notizie intorno agli incisori siciliani…, in I manoscritti di Agostino Gallo, a cura di Carlo Pastena, vol. 3. Palermo, BCRS 2000 p.23. L. Sarullo, Dizionario…, 1993, vol. I, sub voce. Questi è autore dell’antiporta e della tavola – il catafalco – che illustrano gli apparati amatiani per i funerali dela marchesa di Solera in G.M. Polizzi, L’ argonaue riposta in cielo solenni esequie celebrate all’eccellentissima signora di Solera…, pubblicato con G.P. Turri, L’apologia della morte. Orazion fvnebre…, Palermo 1685, con dedica a don Francisco de Benavides.[]
  40. È da supporre che le opere in marmo siano state eseguite dall’entuourage amatiano-serpottiano.[]
  41. Collezioni Antiquarius, Roma. Le informazioni fornite la datano al 1850 e tratta da dagherrotipo. È riprodotta in L’Italia descritta e dipinta con le sue isole di Sicilia, Sardegna, Elba, Malta, Eolie, di Calipso, etc. Torino, G. Pomba e C. 1837, Tomo II, tavv. tra le pp. 292-293, Con uguale inquadratura in S. Pistolesi, Album pittoresco, dedicato alla maestà Vittorio Emanuele 2. re d’Italia ecc. ecc. ecc. Firenze 1850? Esemplare presso i Musei Civici di Monza.[]
  42. G. Lipari, Per una storia della cultura letteraria a Messina. (Dagli Svevi alla rivolta antispagnola del 1674-78) in “Archivio Storico messinese” III Serie,Vol. XXXIII  Anno 1982, Messina 1982, pp. 65-187 [163].[]
  43. Vale la pena ricordare da parte palermitana, i mss. presso la BCPa di V. Auria, Opuscoli varii di Vincenzo Auria contro la città di Messina, ed in difesa di Palermo. BCPa. ms. Qq.D.42. ovvero, contro diversi autori messinesi i cui scritti paragona ai latrati di Scilla e Cariddi; Memorie varie di Sicilia nel tempo ribellione di Messina dell’anno 1674 BCPa. ms. Qq.C.27; Varia istoria di Sicilia, nella quale si narrano diverse cose appartenenti alla sicilia ed alla città di Palermo. BCPa. ms. Qq.A.4, f. 187r.; le ottave contro Messina in occasione della prammatica della seta… (Opuscoli, BCPa. ms. Qq.C.1, ff. 13r/v.) nelle quali ricorda l’Infami farsi ch aviti Intagliatu In marmi e in versi… (verosimilmente post. 1648) e, non ultimo, il Gagino redivivo nel quale rivendica la palermitanità dello scultore contro la pretesa di don Pietro Ansalone, personaggio sulla cui autorità di storico nutre non pochi dubbi. Sulla questione di recente R. Cancila, Palermo e Messina: residenza viceregia e questione dei Tribunali nel dibattito secentesco., in “Mediterranea ricerche storiche”, Quaderni n. 36, Palermo 2020, tomo I, pp. 123-150.[]
  44. P. Reina, L’ Idra dicapitata, o vero La risposta a’cento capi del memoriale stampato sotto nome de’diputati del Regno di Sicilia, della città di Palermo. Sopra la residenza della Regia Gran Corte nella citta di Messina. D’Idoplare Copa, Accademico Cifrato. Vi è aggiunta vna raccolta di lettere reali, e di altri personaggi grandi, scritti al Senato dell’istessa città nell’anno 1647. e 48.  Vicenza 1662.[]
  45. P. Samperi sotto lo pseudonimo di Marco Antonio Sestini, La felicita caduta; La costanza affinata; La republica disordinata: dialoghi, oue seriamente si ragiona de’ disordini succeduti per le rivolutioni di Palermo, e di Napoli, nell’anno 1647 … Perugia 1647.[]
  46. F.A. Strada, Le glorie dell’aquila trionfante. Risposta del dottor D. Francesco Strada … all’idra dicapitata d’Idoplare Copa, et a tutti gli altri auttori messinesi, sopra diuerse materie toccanti la differenza delle due citta di Palermo, e di Messina…, Palermo 1682.[]
  47. Á.P. Chenel, Carlos II en imágenes: los retratos escultóricos del último Habsburgo español., in Carlos II y el arte de su tiempo. Director: Alfonso Rodríguez G. De Ceballos, Coordinador: Ángel Rodríguez Rebollo. Fundaciòn Universitaria Española, Madrid 2013. p. 182, che richiama i citati Salinas e Sorrentino nonché il Carandente (Giacomo Serpotta, Torino 1967, p.15).[]
  48. G. Palermo, Guida istruttiva per potersi conoscere … tutte le magnificenze … della Città di Palermo.  Palermo 1816. Volume IV,  p. 120. Il testo qui riportato da: Guida istruttiva per Palermo e suoi dintorni / riprodotta su quella del cav. D. Gaspare Palermo dal beneficiale Girolamo Di Marzo-Ferro. Palermo, 1858, p. 376.[]
  49. O. Manganante, Sacro teatro palermitano…, Vol. III, BCPa ms. Qq.D.13, cit. ff. 139r/v. Ricorda il “Carlucciello” di Piazza Amendola ad Avellino e l’altra della facciata dell’Ospedale di San Gennaro a Napoli (entrambe del 1668) dove il regnante è raffigurato infante. Á. Pascual Chenel, Carlos II en imágenes…, 2013, p.209, fig. 1 e p. 210, fig.4.[]
  50. Aclamacion real y pública de la coronada villa y corte de Madrid…, por su augusto y catolico rey Carlos II que Dios guarde. Con licencia. En Madrid, por Francisco Nieto Año1665.  Acclamatione reale e publica della villa coronata, e corte di Madrid, … per lo suo augusto, e cattolico re Carlo II. Trasportata fedelmente dall’idioma spagnuolo all’italiano. Stampata in Madrid per Francesco Nieto. E ristampata in Palermo, per lo Colicchi 1666.[]
  51. A. Gallo, Notizie…, 2000 p. 31 nota 69. L’incisione non è autografata né datata.[]
  52. F. Risicato, De statu hominum in republica duplici tomo, libris quinque comprehenso. Elaboratæ ad commune bonum elucubrationes, ex quinquaginta fermè rerum publicarum statibus recollectæ, & duobus indicibus locupletæ…, Tomus primus [-secundus]. Palermo 1673.[]
  53. V. Auria, Fascio delle cose di Palermo, BCPa ms. Qq.C.15, ff.127r. 128v.[]
  54. «D. O. M. Deipare absque originali labe concepta […]. Anno Domini 1670. Regnante invitissimo Catholico Rege Carolo Secundo.». Giovan Luigi Lello, Descrizione del real tempio, e monasterio di santa Maria Nuova di Morreale…, con le osservazioni sopra le fabriche e mosaici della chiesa., del padre don Michele del Giudice. Palermo 1702, pp. 116-132 [119], ristampata ed ampliata a cura del benedettino su commissione dell’arcivescovo Roano.[]
  55. Qui, dedicandola al Crocifisso, fece edificare in duomo la splendida cappella che porta il suo nome e che il Di Miceli attribuisce a don Paolo.[]
  56. Di un ritratto del re presso l’Arcivescovado di Palermo, fa cenno per l’anno 1676 V. Auria, Memorie varie di Sicilia nel tempo ribellione di Messina dell’anno 1674. BCPa. ms Qq.C.27. f. 193r.[]