Paolo Dinaro

Campane e campanari a Francofonte dal XVI al XIX secolo

paolodinaro3@gmail.com
DOI: 10.7431/RIV30052024

Il centro abitato di Francofonte è situato nella parte nord-occidentale della provincia di Siracusa sul fianco di una collina posta a circa 280 m s.l.m. al margine meridionale della piana di Catania. La sua origine può essere fatta risalire ad un momento successivo al 1356, quando Luchina Moncada andò in sposa a Manfredi Alagona1. Dopo questo matrimonio, tra il 1356 e il 1366 anno a cui risale la prima menzione documentaria di Francofonte2, egli fece costruire il castello nel feudo con casale di Bulfida3. La fondazione è attestata anche dai titoli di domini terre ac Montis Rubei et Francifontis del 13754. Il centro storico acquisisce le caratteristiche che ancora oggi possono essere ammirate solo dopo il terremoto del 1693 e la ricostruzione o la ristrutturazione di molta parte degli edifici5, tra cui la Chiesa Madre dedicata a S. Antonio Abate (Fig. 1), la chiesa – rettoria di S. Maria della Concezione e Angelo Custode, nota semplicemente come chiesa “dell’Angelo” (Fig. 2), la chiesa conventuale di Maria Santissima del Monte Carmelo (Fig. 3) e in ultimo l’orologio civico, limitrofo alla chiesa di S. Gerolamo (Fig. 4), in cui si trovano o si trovavano le campane oggetto di questo scritto.

Il campanile e le campane della chiesa di S. Antonio Abate – Chiesa Madre

La Chiesa Madre di Francofonte è dedicata a S. Antonio Abate, questa si trova nella parte più alta della collina da cui domina l’abitato. L’impianto planimetrico adottato per la chiesa è a croce latina a tre navate. La chiesa nelle sue fattezze attuali risale alla ricostruzione post 1693, l’edificio era già agibile il 7 aprile 1698, anche se fu riaperta al culto ufficialmente l’anno seguente6. Il campanile fu costruito nel 1717, a seguito di una supplica da parte dei confrati della chiesa dello Spirito Santo al vescovo di Siracusa Asdrubale Termini7. La supplica era dovuta all’impossibilità da parte dei confrati di ricostruire la loro chiesa a causa della mancanza di fondi, i quali chiesero, quindi, che le loro rendite venissero aggregate a quelle della Chiesa Madre, con la clausola che fossero utilizzate per fondare un altare e costruire il campanile, nel quale avrebbe trovato posto la loro campana, che non era stata danneggiata dal terremoto8. La torre campanaria fu costruita in facciata, arretrando la copertura a doppio spiovente, con la cella campanaria al di sotto della cuspide maiolicata e raggiungibile grazie ad una scala a chiocciola in pietra9 e al suo interno sono presenti sei campane di differenti dimensioni10.

Negli anni successivi la cella campanaria fu arricchita con altre campane, fino ad arrivare a 4 nel 176711. La campana maggiore per dimensione12 attualmente presente è anche la più antica tra quelle presenti, è stata fusa nel 1784 da mastro Domenico Nicotra da Catania13 (Fig. 5), non presenta motivi decorativi o parti a rilievo oltre all’iscrizione nella gola. Il bronzo utilizzato per la campana proviene da una precedente. Il 18 settembre 1784 don Francesco Cortino, tesoriere del comune di Francofonte, corrispose al campanaro onze 50 “per avere rifuso la campana grande, e onze 2 per acconciare le campane dell’orologio pubblico”14 e il cui operato è menzionato anche in atti successivi15. Come attesta l’iscrizione, la campana è dedicata alla Madonna della Neve, Patrona di Francofonte. È collocata all’interno dell’arco di destra della facciata del campanile. La campana è più grande delle precedenti, come attestano i pilastri che sorreggono l’arco sono stati ridimensionati per poter meglio accogliere la campana. L’iscrizione, anche se non è leggibile in toto a causa della sua posizione, presenta un’iscrizione su tre righe in cui si menziona la Madonna della Neve, Patrona di Francofonte, e si può leggere il nome del fonditore:

[…] Sanctus Deus + Sanctus Fortis + Sanctus immortalis + miserere nobis […]

[…] Sancta Maria ad Nives ora pro nobis […]

[…] Magister Dominicus Nicotra Urbis Catanae annus domini 1786 […]

La seconda campana per dimensione delle sei campane complessivamente presenti nella Chiesa Madre e menzionate all’interno del liber Chronicon, un testo manoscritto del parroco Michele Gozzo, utilizzato come diario delle attività parrocchiali e risalente agli anni che vanno dal 1959 al 197416. Il motivo della descrizione era quello di creare una nota che potesse arricchire la narrazione della collocazione della campana, la seconda per dimensioni della cella, che era stata fusa dalla “Pontificia fonderia Marinelli” di Agnone in provincia di Isernia. Il bronzo utile per la nuova campana fu ricavato da una precedente, danneggiata e dedicata a S. Luigi Gonzaga (Fig. 6). In questo testo viene riportata anche l’epigrafe che vi era riportata: «A FULGURE E TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE. OPUS NICOLAI ARCURI CIVIS CATANAE 1761. ARCHIDIACONIS S.T.D.D. LAURENZIUS VASSALLO UNIVERSITAS ET POPULUM FRANCIFONTIS D. ALOYSIO D.D.D»17. Il fonditore fu Nicolò Arcuri di Burgio che lavorò nel XVIII secolo anche a Bisacquino e Montemaggiore Belsito, in provincia di Palermo, ad Alcamo e Castelvetrano in provincia di Trapani18. La nuova campana porta un’iscrizione in lettere capitali divisa in quattro righe. Nella prima: «A FULGURE E TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE + VOX MEA VOX VITAE VOCO VOS AD SACRA VENITE»; nella seconda «S. ANTONIUS ABBAS ET ALOYSIUS GONZAGA QUIBUS EST DEDICATA ORENT PRO NOBIS»; nella terza «FUSA A.D. MDCCLXI ET REFUSA A.D.MDCCLXI SUB REGIMINE REVERENDISSIMI ARCHIDIACONI ET PARROCHI MICHAELIS GOZZO»; nell’ultima «AD MEMORIAM CAJETANI SPOTO PULEO PICO ADVOCATI UXOR HOC PIETATIS SIGNUM TRIBUI». Dopo la fusione, come si comprende dall’iscrizione, la campana venne dedicata a sant’Antonio abate, titolare della chiesa, e a S. Luigi Gonzaga, a cui era dedicata precedentemente ed è arricchita da una serie di motivi a festone e a ghirlande nella gola, nell’incavo e nel labbro. Fu benedetta la Domenica delle Palme del 1960, nel sagrato, dove era già stata approntata l’impalcatura in legno che sarebbe stata utile alla collocazione e venne suonata per la prima volta durante le funzioni del Giovedì Santo. Questa è la seconda per grandezza all’interno di questo campanile e la nota che produce è un “la bemolle”19. Questa campana, insieme ad una statua di S. Ignazio di Loyola conservata all’interno della chiesa sono le uniche attestazioni note della diffusione del culto nei confronti dei santi gesuiti che si diffuse a Francofonte nella seconda metà del XVIII, per merito delle predicazioni di padre Antonio Finocchio della Compagnia di Gesù20, il cui nome è legato nella zona alla costruzione della chiesa del “Ss. Sacramento al Circolo” a Militello e ai festeggiamenti in onore della Madonna di Gulfi.

La terza campana detta dello “Spirito Santo” deriva da quella originaria, la cui collocazione fu la causa della supplica dei confrati e della successiva costruzione del campanile. Essa presenta un’iscrizione in lettere capitali:

«+ FRANCOFONTE + SPIRITUS SANCTUS + ORA PRO NOBIS CUI EST DEDICATA. FUSA ANNO 1694 ET REFUSA 1862 SUB REGIMINE REVERENSISSIMI ARCHIDIACONI ET PAROCHI CARMELI AMICO ET CANTORIS VICARII FORANII MATTHEI RICCIARDOLO»21.

Inoltre, porta nel fronte le lettere S.P.S. e l’occhio della Provvidenza nell’incavo (Fig. 7), nel fronte posteriore OPERA DE GRIMALDI ed è decorata con due fasce a volute vegetali alternate a cerchi raggiati al di sotto dell’iscrizione nella gola e nella parte inferiore dell’incavo. Nella descrizione che fa Gozzo della campana dello “Spirito Santo” e in particolare sull’iscrizione è necessario fare delle riflessioni e di fatto, due dati vanno sicuramente corretti: il primo è l’anno in cui è stata fusa la campana. Il 1694 è una data poco plausibile per la fusione. Come si è detto sopra, la chiesa dello Spirito Santo era stata distrutta o quantomeno molto danneggiata dal terremoto dell’anno precedente e la confraternita aveva problemi economici che si protraevano da diversi decenni, tanto che già dalla fine degli anni Cinquanta del Seicento non erano riusciti a pagare i consueti fuochi d’artificio in onore della Madonna Ss.ma della Neve, Patrona di Francofonte22. È improbabile, pertanto, che i confrati abbiano speso una cifra considerevole per una campana che non avrebbero potuto collocare. Il 1694 è quindi da considerare come un errore di lettura da parte di Gozzo. Alla visione diretta dell’iscrizione appare chiaro che l’anno indicato è il 1599, dato che contraddice anche una fonte documentaria, che attesta una campana già nel 156323. Il secondo dato che va corretto è il 1862. Nell’archivio della Chiesa Madre è conservato un documento che riguarda proprio questo sacro bronzo24 e grazie a questo è possibile affermare che la campana attuale è opera del fonditore Pietro Grimaldi di Scordia e che fu realizzata durante il periodo in cui era parroco Carmelo Amico e vicario foraneo Matteo Ricciardolo, entrambi citati nell’Obbligo, oltre che nell’iscrizione. Questo documento risale però non al 1862, bensì a dieci anni prima, al 1852. La confusione delle date in Gozzo è dovuta, probabilmente, al fatto che un’altra campana venne fusa nel 1862, forse dallo stesso Grimaldi, anche se non è presente la firma. In questo caso si tratta della quarta campana per grandezza all’interno del campanile, in cui l’unica iscrizione presente è “A+D+ 1862” ed al centro è rilevata la Vergine col Bambino facente parte di un trittico che potrebbe raffigurare san Pietro, la Vergine e san Paolo25 (Fig. 8). Il contratto di obbligo relativo alla campana dello Spirito Santo fu stipulato tra l’arcidiacono e parroco Carmelo D’Amico e il fonditore Pietro Grimaldi26 «del morto Giacomo fabbricatore di campane domiciliato in Scordia». Il documento fu redatto il 28 agosto 1852 dal notaio Antonino Amico di Francofonte. Con questo documento il parroco Amico si impegnava ad inviare a Scordia la campana, che viene detto essere rotta da tempo. Il peso della campana non viene espresso nel documento27.

La penultima per dimensioni è decorata con un fregio a festoni racchiuso tra due modanature, al di sopra la data 1894 e al di sotto la scritta MAN, comunemente interpretata come una sigla che viene sciolta in “Maria ad Nives”. Si suole suonare questa campana, detta affettuosamente “Nivi-Nivi”, ogni qual volta si svolge una funzione riguardante la Madonna della Neve ed è caratterizzata da un suono particolarmente acuto28. L’ultima per dimensione è il cosiddetto “campanino”29.

Le campane della chiesa di Maria Ss.ma della Concezione Immacolata e Angelo custode

Della chiesa dell’Angelo Custode si ha menzione documentaria sin dal 1621 e sono noti alcuni benefizi di messa risalenti ai primi anni del XVIII e allo stesso periodo deve essere fatto risalire lo spostamento in questa chiesa del culto dell’Immacolata, attestato nella Chiesa Madre dal 1659 e di cui si occupava una congregazione laica30. Al 1721 risale la costruzione nelle forme attuali. Questa venne edificata a seguito del donativo fatto dall’allora parroco e futuro arcidiacono Lorenzo Vassallo ai confrati della Congregazione dell’Immacolata che fino a quel momento aveva avuto la loro sede presso l’Annunziata, collocata fuori paese e difficile da raggiungere durante il periodo invernale. Il dono fu particolarmente gradito e i confrati decisero di ampliare gli spazi a loro disposizione e per farlo fu comprato il terreno attiguo su cui costruirono una nuova struttura. Alla fine dei lavori gli altari dedicati all’Immacolata e al Crocifisso sarebbero stati collocati in maniera simile a come si trovavano all’Annunziata e quella che era la chiesa dell’Angelo custode sarebbe stata adibita a sagrestia31. Nel 1724 viene l’edificio fu dichiarato sede ufficiale della confraternita e fu dedicato all’ Immacolata Concezione32. Nel 1733 la chiesa doveva essere conclusa e giunse un altro donativo del parroco Vassallo. Egli consegnò ai confrati la campana piccola della chiesa di S. Francesco alla Silva33, che era stata distrutta dal terremoto del 1693 e non più ricostruita. I confrati indissero una raccolta fondi per accrescere la campana e collocarne nel campanile una più grande. Furono raccolte 71.19.11 onze che vennero spese per questo scopo34.

La cella campanaria35 di questa chiesa ospita tre campane, una campana grande in facciata, e due più piccole. Le iscrizioni risultano poco leggibili e nell’incavo di tutte le campane è presente un rilievo rappresentante la Vergine Immacolata, segno che sono state colate per questo luogo. La campana di sinistra misura 56 cm circa di altezza dalla bocca alla corona ed ha un diametro di 50 cm. È qui riconoscibile la scritta “Giovannino Vinci 1908” (Fig. 9), possibile committente, dato che risulta tra i confrati nel 191636. Questa presenta dei motivi decoravi a foglie di acanto sotto la corona, un motivo a cordone all’altezza dell’incavo e un motivo ad intreccio di losanghe nel labbro. La campana di destra è di poco più piccola, misura 50 cm circa di altezza dalla bocca alla corona, e 45 cm circa di diametro è una opera di Pietro di Grimaldi, come attesta l’iscrizione su tre righe37 (Fig. 10). Il fonditore è lo stesso della campana dello Spirito Santo e le cui opere si trovano in diversi centri abitati delle Diocesi di Siracusa, Ragusa e Caltagirone38, anche se la sua biografia non è del tutto chiara.

La maggiore tra le campane ha un’altezza di circa un metro e un diametro di circa 80 cm, presenta un motivo decorativo a 4 linee sul labbro, 2 nella parte bassa dell’incavo e presenta un’iscrizione in due parti, nella parte alta su tre registri e nella parte centrale ad un solo registro, probabilmente la più antica di tutto il castello campanario.

Campane della Chiesa di Maria Ss.ma del Monte Carmelo e dell’orologio

Dalla ricerca archivistica sono recentemente emersi due documenti riguardanti le campane di questi edifici, che ampliano anche il catalogo delle opere riferibili a Domenico Nicotra, già menzionato per la campana di maggiori dimensioni nella Chiesa Madre. Il primo documento39 è un vero e proprio atto di acquisto risalente al 1785 tra il fonditore e i sacerdoti Francesco e Giuseppe Terzo, fedecommissari della Chiesa Madre e incaricati dai Giurati dell’università di Francofonte che comprano due campane di piccole dimensioni da utilizzare per l’orologio, limitrofo alla chiesa di San Gerolamo. L’edificio è posto in un’aerea ai margini del cosiddetto Chiano di la Chiazza, spostato qui in un momento imprecisato e precedentemente attestato per via iconografica sulla torre del castello40. I due si affidano al Nicotra dopo che questo ha lavorato alla campana grande della chiesa Madre.

Il secondo documento41 è un atto di obbligazione risalente al 31 maggio dello stesso anno tra il Priore del Convento di S. Maria del Monte Carmelo Padre Aventano Elias Disco, insieme a Padre Sebastianao Sodaro, e Padre Giovanni Francisco Maria Chiaramonte, i quali chiedono al campanaro di fondere la campana danneggiata dal peso di due quintali e rotoli cinquanta e di utilizzare il metallo per una di sei quintali ed una da un quintale. Al Nicotra sarebbe stato pagato per il metallo necessario e il lavoro 62 once e tarì 12 dilazionate in diversi pagamenti, il primo di 48, il secondo di 12 e i successivi di 4 once ciascuno tra quel momento e l’ottobre del 1786, nel caso in cui non avrebbero potuto pagare il debito sarebbe stato rilevato dal Principe di Palagonia e Marchese di Francofonte, Ferdinando Francesco Gravina ed Alliata. Dopo una visita diretta al campanile42, è stato possibile appurare che le due campane menzionate non sono presenti, ma se ne trovano due una della fonderia Virgardamo di Burgio43, fusa nel 1954, in ricordo del primo anno mariano e in memoria del Canonico Giuseppe Lisi44 caratterizzata da un particolare fregio che ricorda una striscia di ricamo a “sfilato siciliano” con motivo a rose e nel labbro una passamaneria a rombi (Fig. 11). La seconda misura 85 cm circa altezza da bocca a corona e diametro 60 cm circa 2 nicchie ed è stata commissionata dal procuratore della cappella di San Sebastiano, presente all’interno della chiesa, Carmelo Palagonia probabilmente dopo il 1945.

Le campane sono oggetti che raramente vengono commissionati e che possono restare a per secoli sullo stesso campanile e nel caso in cui la chiesa in cui sono collocate non venga più utilizzata, sono spostate in altre. Anche qualora subiscano dei danni il materiale viene riutilizzato e spesso questo riciclo del materiale viene segnalato nelle iscrizioni, che spesso riportano i dati essenziali del vecchio oggetto nel nuovo, cioè la data di fusione e la dedica al santo, che, come nel caso della dedica a S. Luigi Gonzaga, è anche una delle poche attestazioni del culto. È possibile che altri sacri bronzi siano esistiti e siano state collocate nei campanili delle chiese presenti a Francofonte, anche quelli qui menzionati, ma non è stata ancora rinvenuta la documentazione necessaria a ricostruire la loro storia e quella dei loro fonditori.

La ricerca condotta sui campanari attivi di Francofonte fornisce utili elementi per arricchire il quadro di conoscenze sulla produzione di campane in Sicilia in età moderna, con particolare riferimento ai centri ricostruiti dopo il sisma del 1693 e ai lavori dei cantieri che si protraggono a lungo nei decenni successivi. Si assiste alla circolazione di maestranze mosse dalle richieste della committenza ecclesiastica e feudale a volte ripetute nel tempo. Molti, tuttavia, sono ancora gli aspetti da indagare e sui quali solo attraverso la ricerca sarà possibile dare risposta come l’esistenza di una o più fonderie stabili già nel XVIII secolo e nel successivo o i motivi che spingevano verso particolari dediche, oltre a elenchi sempre più dettagliati di opere di fonditori.

  1. La fondazione di Francofonte viene tradizionalmente attribuita da R. Pirri, Sicilia sacra disquisitionibus et notitiis illustrata. Palermo, 1667, p. 683 ad Artale Alagona. Questo dato viene ripreso da M. Gaudioso, anche se con qualche riserva, in diverse sue opere. V. M. Gaudioso, Francofonte: ricerche e considerazioni storiche. Palermo, 1916, p. 249 e passim; Idem, Per la storia del territorio di Lentini nel secondo medioevo. Feudi, casali, castelli, baroni dal XIII al XV secolo, in “Archivio storico per la Sicilia Orientale”, 1925, p. 42 passim; Idem, Per la storia del territorio di Lentini nel secondo medioevo. I feudi di Chadra e Francofonte, in “Archivio storico per la Sicilia Orientale”, 1926, pp. 227-289; Idem, La Sicilia feudale. La questione demaniale a Francofonte. Catania, 1969, p. 1 e passim; Idem, Francofonte formazione urbanistica e sacra. Catania, 1970, p. 1 e passim; Idem, Per la storia del territorio di Lentini nel secondo medioevo: le baronie di Chadra e Francofonte. Catania, 1992, p. 20 e passim. La lettura e il confronto con pubblicazioni non monografiche sull’abitato di Francofonte o sulla sua storia ma altrettanto interessanti quali A. Giuffrida, Il cartulario della famiglia Alagona, Palermo – Sao Paulo, 1978, pp. 44; 52; A. Marrone, Repertorio della feudalità Siciliana, (1282-1390), in “Mediterranea, ricerche storiche”, Quaderni 1, 2006, pp. 30-32, hanno chiarito che il fondatore deve essere identificato in Manfredi Alagona, fratello di Artale, che ha ottenuto il suo potere sul feudo di Bulfida per via dotale. Per una biografia di Manfredi Alagona si rimanda a F. Giunta, Alagona Manfredi. in Dizionario Biografico degli Italiani. Vol. 1, Roma, 1960. Ad vocem e a D. Santoro, Il tesoro recuperato. L’inventario dei beni delle regine di Sicilia confiscati a Manfredi Alagona nel 1393, in Anuario de estudios medievale, 2007, pp. 71-106.[]
  2. La prima attestazione del castello di Francofonte si trova nelle Rationes decimarum del 1366 come fortilitio francofontis. Se si considera che l’anno del matrimonio tra Manfredi Alagona e Luchina Moncada, si può affermare che il castello fu probabilmente costruito tra il 1356 e il 1366: P. Sella, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Sicilia. Città del Vaticano, 1944. p. 125.[]
  3. Bulfida era un feudo collocato nella Sicilia orientale, nel territorio dell’attuale provincia di Siracusa, sulle prime colline al margine meridionale della piana di Catania e sul quale oggi sorge il centro abitato di Francofonte. Secondo quanto affermato da Gaudioso in Sicilia feudale … 1969, p. 31, confinava con i feudi di Passanitello ad occidente, con Passaneto e Gadera a nord-ovest, e con quest’ultimo anche a nord – est, a meridione con il torrente Risicone, a sud-est con Rizzolo. Le prime attestazioni documentarie note risalgono alla prima metà del XIII secolo, quando, dopo la confisca da Parte di Federico passò dalla famiglia Fimetta al maestro Anselmo, asbirgerius imperiale nel 1233. Questo deve essere ritornato alla famiglia Fimetta, poiché lo ri ritrova nel testamento di Aloisia Fimetta nel 1270, che lo lascerà al nipote Simone, che a sua volta lo lascerà al figlio della sorella Aloisia e di Perino di Malta, Guglielmo, il quale sposò Clara de Rocka, da cui ebbe una figlia, Luchina, che ereditò i casali Bulfida, Scordia Soprana, Gilermi e Murgo. Luchina di Malta sposerà tra il 1308 e il 1310 Guglielmo Raimondo Moncada, figlio secondogenito di Pietro Moncada marchese di Aitona. Ereditano il feudo e la gestione dello stesso i due figli maggiori Guglielmo Raimondo II e Periconio Moncada. Quest’ultimo riceve in dono dalla madre il 12 aprile 1347 alcuni beni fra cui il feudo Bulfida. Perriconio, sposò una certa Contessa e fu padre di Luchina, risulta già morto l’11 marzo 1356, quando la figlia, poco più che dodicenne, andò in sposa a Manfredi Alagona. L. Sciascia, Le donne e i cavalier, gli affanni e gli agi. Famiglia e potere in Sicilia tra il XII e il XIV secolo. Messina 1993, passim; Idem, Pergamene siciliane dell’archivio della corona d’Aragona (1188-1347), Palermo, 1994, passim; Idem, Lentini e i Lentini dai normanni al Vespro, in La poesia di Giacomo da Lentini: scienza e filosofia nel 13. secolo in Sicilia e nel Mediterraneo occidentale. Palermo, 2000, pp. 9-34 e A. Marrone, Repertorio … 2006, passim.[]
  4. A. Giuffrida, Il cartulario …, 1978, pp. 44, 52.[]
  5. P. Dinaro, Francofonte 1693-1746. Il terremoto e la ricostruzione, Barcellona Pozzo di Gotto, 2020.[]
  6. Il corpo longitudinale è lungo 50 m, mentre il transetto è di 30 m e nell’incrocio di questi due corpi di fabbrica è stata realizzata la cupola ottagonale su tamburo della stessa forma, decorata nel 1907 dal Di Maiuta. Cfr. P. Dinaro, Francofonte…, 2020, pp. 51-60.[]
  7. Archivio di Stato di Siracusa; Notar Biagio Nigro, 27 marzo 1717. D’ora in avanti verrà indicato con la sigla ASSr. Cfr. P. Dinaro, Francofonte…, 2020, p. 60.[]
  8. La chiesa dello Spirito Santo sorgeva nella parte più alta dell’abitato, verso l’area detta “Canali”, omonima del torrente. L’edificio fu costruito in un momento imprecisato anteriore al 1512, anno della prima menzione documentaria, e nel 1551 era già sede di una confraternita. All’interno della chiesa era presente una cappella con altare dedicato a santa Barbara, nella quale era custodita la statua con il suo fercolo. Oltre a questo altare erano presenti l’altare maggiore, di san Cristoforo, del Crocifisso e di san Giacomo, quest’ultimo fondato nel 1635 per volere di don Ignazio Gravina. V. M. Gaudioso, Francofonte …  1970, p. 88.[]
  9. La cella campanaria ha le seguenti dimensioni; 345 cm circa nei lati est (facciata principale) ed ovest e 195 cm circa nei lati nord e sud.[]
  10. Le campane sono collocate all’interno di archi a tutto sesto e così disposte: dal sagrato della chiesa si notano a destra la campana grande e accanto vi è la campana dedicata ai Ss. Luigi Gonzaga e Antonio Abate. Nel lato sud la III per grandezza dedicata allo Spirito Santo. Nel lato opposto la IV per dimensioni e ad ovest, lato che guarda al tetto della navata della chiesa, sono poste le due più piccole. A sinistra di chi guarda la così detta Campana della Madonna della Neve e il campanino. Al momento della visita del 18/12/2018 la IV e la VI erano prive di batacchio e lo sono tuttora.[]
  11. «Campane num. Quattro. Una grande di contali 17 incirca, una di contali 6 incirca, un’altra di contali 3, e d’un’altra corale di contali 60 incirca». Archivio Chiesa di S. Antonio Abate Francofonte (d’ora in avanti ACSAAF), Vol. 29, ff. 375-380. L’ultima indicata è probabilmente quella di Nicola Arcuri, dedicata a S. Luigi Gonzaga e rifusa nel 1960. Vd. infra.[]
  12. Ha un diametro di 110 cm e l’altezza di 110 cm.[]
  13. B. De Marco, Nicotra Domenico, ad vocem, in Arti decorative in Sicilia. Dizionario biografico, II, a cura di M.C. Di Natale, Palermo 2014, p. 458.[]
  14. Ibidem.[]
  15. V. infra.[]
  16. Nonostante sia relativamente recente, il manoscritto è stato letto e considerato alla stregua di altri documenti rinvenuti e relativi alle campane.[]
  17. Archivio chiesa S. Antonio Abate di Francofonte, Liber Chronicon, c. 33. D’ora in avanti ACSAF.[]
  18. R. Termotto, Arcuri Nicolò, ad vocem, in Arti decorative in Sicilia…, I, 2014, p. 23.[]
  19. Archivio Chiesa di S. Antonio Abate Francofonte, Liber Chronicon, c. 33. L’archivio verrà d’ora in poi indicato con la sigla ACSAAF.[]
  20. P. Antonino Finocchio, nato il 26 agosto 1667 a Francavilla di Sicilia. Figlio di Michele, dottore in legge in utriusque legis, e di Margherita Laviano. Egli studiò legge a Catania per volere dello zio paterno Giuseppe, che gli aveva anche organizzato un matrimonio con una ricca ragazza di Castiglione. Rinunciò alla sua vita laica ed entrò come novizio nella Compagnia di Gesù il 16 ottobre 1684, fu investito del sacerdozio il 2 febbraio 1701. Una menzione della fondazione della cappella dedicata a S. Ignazio viene fatta in M. Gaudioso, Francofonte… 1970, p. 75, ma la statua e più in generale il culto del santo sono pressoché inediti.[]
  21. L’iscrizione completa è stata ricavata dal Liber Chronicon, non essendo possibile leggerla integralmente a causa della sua collocazione, v. infra.[]
  22. Archivio di Stato di Siracusa, atti dell’Università di Francofonte, vol. 497 (39), f. 104. D’ora in avanti indicato come ASS.[]
  23. M. Gaudioso, Francofonte … 1970 p. 88, nota 4.[]
  24. ACSAAF, Chiesa Madre; Cappelle del SS. Sacramento e dello Spirito Santo. Doc. del 28 agosto 1852.[]
  25. ACSAAF; Liber Chronicon, f. 33. L’anno di fusione a cui fa riferimento il parroco Gozzo è il 1862, ma la terza cifra sembra essere stata corretta e derivare da un “5”.[]
  26. V. P. Dinaro, La Campana dello “Spirito Santo” di Francofonte. Un cantore della storia prima e dopo i terremoti del 1693. In La Ceramica in Sicilia dalla Preistoria all’età Contemporanea, Atti del III Convegno Internazionale, a cura di Rosalba Panvini e Alfio Nicotra, pp. 311-318, Roma 2023; P. Dinaro, Una famiglia di fonditori di campane della Scordia dell’Ottocento: I Grimaldi. L’attività tra le diocesi di Siracusa, Caltagirone e Catania. In Platea Magna: studi sulla storia di Scordia. 2, a cura di C.F. Parisi, A. Cocuzza e C. Gambera, pp. 161-178, Catania 2023.[]
  27. ACSAAF, Chiesa Madre; Cappelle del SS. Sacramento e dello Spirito Santo. Doc. del 28 agosto 1852.[]
  28. Questa campana misura 45 cm di altezza compresa la corona e circa 35 di diametro alla bocca.[]
  29. Il campanino un’altezza di 35 cm e un diametro di circa 25 cm e presenta un’iscrizione sul labbro che non è stato possibile rilevare.[]
  30. M. Gaudioso, Francofonte…, 1970, pp. 94-95.[]
  31. ACSAAF, carte sciolte, Congregazione di Maria SSa Annunziata, 2 aprile 1721.[]
  32. M. Gaudioso, Francofonte…, 1970, p. 96.[]
  33. M. Gaudioso, Francofonte…, 1970, pp. 102-107.[]
  34. ACSAAF, Carte Sciolte, Congregazione di Maria SS.a Annunciata, 8 settembre 1733.[]
  35. La cella campanaria misura 375 cm x 140 cm ed è raggiungibile attraverso una scala a chiocciola in pietra.[]
  36. ACSAAF, Carte Sciolte, Congregazione di Maria SS.a Annunciata.[]
  37. +IMMACOLATA MARIA VIRGINE CONCEPTIO […]
    [SIT NOBIS] SALUS ET PROTECTIO AMEN A DEVOTIONE […]
    […] FRANCISCI A FRANCOFONTE DEFFR OPUS PIETRI GRIMALDI […][]
  38. P. Dinaro, Una famiglia…, 2023 e Idem, La Campana…, 2023.[]
  39. ASS, Not. Vinci Giovanni Nepomuceno, n° 4453, CC. 244 r/v.[]
  40. Archivio di Stato di Palermo, Miscellanea, Carte topografiche, n. 11. Disegno su carta di 43,5×29,1 cm. Il Rivelo invece Archivio di Stato di Palermo, Tribunale del Real Patrimonio, b. 2151. Su questo disegno vd. L. Gazzè, Le carte cinquecentesche per il governo del territorio, in L’insediamento in Sicilia d’età moderna e contemporanea, Atti del convegno internazionale (Catania 20 settembre 2007), a cura di E. Iachello e P. Militello, Bari 2008, pp. 67-83.[]
  41. ASS, Not. Vinci Giovanni Nepomuceno, n° 4453, CC. 321-322[]
  42. La cella campanaria misura 4,45 m x 1,31 m.[]
  43. Questa campana misura 60 cm diametro e 75 cm di altezza. Informazioni sulla storia di questa famiglia di fonditori si possono trovare in R. Lentini, Fonditori di Campane a Burgio, Palermo 2014, pp. 86-108.[]
  44. «[…] ANNO MARIANO PER OPERA DEL […]
    PARROCO SANZARO SEBASTIANO QUESTA CAMPANA […]
    […] IN MEMORIA DEL CANONONICO GIUSEPPE LISI […]
    […ADRINI] DI LUI NIPOTE DON PAOLO LISI […]
    PER CHIAMARE I FEDELI AI SACRI MISTERI».[]